Recruiting trend 2024: 5 tendenze da tenere d’occhio

Recruiting trend 2024: 5 tendenze da tenere d’occhio

Siamo alla fine del 2023 e, come per ogni anno che ci sta per lasciare in attesa di quello nuovo, ci si chiede: “Quali saranno i recruiting trend? Su cosa punteranno i recruiter nel 2024?”.

Tra le ipotesi che si fanno, c’è sicuramente il fatto che chi si occupa di Risorse Umane avrà nell’anno a venire un ruolo sempre più importante – o almeno così dovrebbe essere – per aiutare le aziende ad adattarsi a un clima economico incerto solo che… lo farà diversamente rispetto al passato.

Cosa intendiamo? La risposta, sintetica, potrebbe essere racchiusa in due parole: l’Intelligenza Artificiale – che piaccia o no – sarà sempre più protagonista. Aumenteranno infatti le aziende che integreranno l’AI nel loro processo di recruiting come strumento per migliorare i job posting, comunicare con i candidati, organizzare le domande dei colloqui e così via. Ma le novità non si riducono certo a questo.
Scopriamo in questo articolo quali sono, secondo noi, i 5 trend per i recruiter nel 2024. 

SOMMARIO:

1. Intelligenza Artificiale e recruiting

Come abbiamo detto, non si tratta certo di un fenomeno nuovo, ma dopo l’avvento di ChatGPT, protagonista indiscusso del 2023 insieme all’azienda che l’ha prodotto, Open AI, l’AI è sempre più protagonista anche nel mondo del recruitment.

Nel nostro blog abbiamo parlato spesso di Intelligenza Artificiale per il recruiting, di come possa ridurre le attività monotone degli HR e dare loro modo di dedicarsi ad altre in cui l’intelligenza umana, l’empatia, la conoscenza ecc. sono doti essenziali; abbiamo parlato spesso anche di Inda (quale tecnologia efficace di AI per il recruiting e la talent acquisition) e, per il 2024, questo modus operandi sarà sempre più pervasivo.

Si userà l’AI per migliorare la comunicazione con i candidati, per perfezionare il matching tra l’offerta e i CV ricevuti, per fare domande durante i colloqui, ma anche per creare dei job posting più “efficaci” e tanto altro ancora. 

2. HR Analytics e dati sempre più protagonisti

Di HR analytics e dell’importanza dei dati avevamo parlato già in proposito ai recruiting trend del 2023. Torniamo a farlo perché, anche per il 2024, decidere in base ai dati sarà importante per le aziende.

Questo è dovuto al fatto che aumentano le informazioni disponibili e che organizzarle al meglio potrà aiutare i recruiter a fare delle scelte di assunzioni in modo più consapevole (anche se, ovviamente, non sarà l’unico modo).
Ancora più in dettaglio: i recruiter useranno analisi e approfondimenti in tempo reale per creare dei processi automatizzati per ridurre il lavoro manuale, le possibilità di errore e migliorare la candidate experience. Conoscere in dettaglio le metriche di crescita di una pipeline, sapere qual è il tempo medio in cui un candidato resta sulla career page, quali azioni compie prima di candidarsi, analizzare le visualizzazioni di un annuncio su LinkedIn – solo per fare qualche esempio – può migliorare il lavoro del recruiter sia a breve termine che a lungo termine. In quest’ultimo caso, infatti, i dati diventano “oro” per potenziare la talent attraction, migliorare l’engagement, assumere le persone più adatte e, perché no, migliorare anche la retention. 

Senza dimenticare, poi, che avere una quantità di dati significativa permette di essere sempre più strategici.

3. Valorizzazione del personale interno

Non solo guardare al di fuori dalla propria azienda, per i recruiter del 2024 sarà altrettanto fondamentale valorizzare le persone che lavorano già nell’azienda. Se in alcuni casi si assiste al cosiddetto Great Regret, ossia al ritorno di chi aveva lasciato l’azienda – come testimonia l’Osservatorio HR Innovation Practise del Politecnico con il 41% di persone che si è pentito della scelta fatta – in altri casi, è proprio tra chi è rimasto che, chi si occupa di recruitment, deve guardare. 

Prima di aprire una posizione, infatti, è bene capire se i ruoli vacanti possono essere ricoperti dal personale interno che magari è stanco di lavorare nello stesso team e si metterebbe volentieri alla prova. Secondo un sondaggio che era stato condotto da Randstad RiseSmart 2 anni fa, quasi 9 recruiter su 10 erano convinti che il 10% delle posizioni aperte poteva essere ricoperto internamente. E questo varrà anche per il 2024.

Mantenere un dialogo aperto con chi lavora in azienda da anni significa capire quali skill ha sviluppato in questo lasso di tempo, ma anche quali aspettative.

Inoltre, in un mercato del lavoro che è altamente competitivo, guardare all’interno vuol dire non solo risparmiare in merito ai costi di ricerca e selezione di nuovo personale, ma soprattutto concentrarsi sul trattenere dei dipendenti che sono già fidelizzati e sono “rimasti”.

Per fare ciò, quindi, l’HR deve prevedere colloqui periodici, fare dei sondaggi e comunicare, tramite la Intranet o la newsletter interna, di quali figure l’azienda ha bisogno. Avviare, cioè, delle procedure di recruitment interno da accompagnare con la creazione di percorsi di carriera chiari che invoglino le persone a lasciare il posto che hanno e ad abbracciare nuove prospettive all’interno della stessa azienda.

Tutto questo, ovviamente, fa il “paio” con la formazione: gli HR devono prevedere di offrire percorsi di upskilling e reskilling per far sì che le persone non solo acquisiscano sempre più sicurezza e si sentano prese in considerazione, ma anche per creare, così, un ecosistema che le valorizzi da ogni punto di vista.
La formazione può essere interna, ma si può prevedere di pagare corsi esterni per ottenere delle certificazioni qualificanti, così come prevedere programmi di tutoraggio, mentoring e – perché no – anche percorsi di business coaching.

4. Diversity, equity e inclusion (ma per davvero)

Anche il DEI è stato uno dei temi del 2023 e lo sarà anche nel 2024. Alle aziende, però, è richiesto di non trattarlo solo come un trend, ma di avviare delle iniziative in modo concreto – e non solo per migliorare il proprio employer branding e la propria reputation – che garantiscano modalità di assunzione eque ed inclusive.

In tal senso, può sicuramente essere d’aiuto il blind recruiting, ossia la modalità di assunzione alla “cieca” per evitare di portare avanti dei bias che possono essere anche inconsapevoli ed esserne condizionati.

Accogliere la diversità, inoltre, vuol dire dimostrarsi aperti fin dalla descrizione delle posizioni ricercate. Si potrebbe usare lo schwa, delle perifrasi per evitare il maschile sovraesteso così come evitare di indicare l’età negli annunci (a meno che non sia per una posizione di stage o apprendistato) e tanto altro ancora.

Tra le iniziative per favorire la diversity ci sono anche gli ERG, Employee Resources Group. Gruppi e community che nascono dal “basso”, quindi dalle persone interne all’azienda, ma che questa può favorire per creare una cultura aziendale ancora più inclusiva.
Gli ERG nascono, infatti, in base alla sensibilità delle persone che si confrontano per dibattere sui temi che stanno loro a cuore e per proporre alle aziende delle iniziative per affrontarli. Tra gli ERG, ci sono per esempio quelli di Barilla che sono distribuiti non solo in Italia ma in tutto il mondo. 

5. Migliorare il benessere dei lavoratori

La salute mentale, nelle imprese, non deve essere protagonista solo il 10 ottobre quando ricorre la giornata internazionale voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma deve essere un tema cui pensare in modo costante.
Anche perché sarà al centro dell’attenzione di tutti i leader aziendali, compresi appunto coloro che si occupano di Risorse Umane.
Viviamo in un periodo complesso sia dal punto di vista economico che dal punto di vista della relazioni umane, ecco perché il luogo di lavoro non deve essere il posto in cui lo stress è protagonista – come siamo abituati a pensare – ma un luogo in cui si fa di tutto per evitare il burnout da cui, poi, non sono immuni neanche i recruiter. 

Puntare sulla produttività, raggiungere gli obiettivi di assunzione previsti sono sì aspetti importanti, ma non sono e non devono essere gli unici.

Come è possibile quindi garantire e favorire la salute mentale di tutti?

Sicuramente sarà di aiuto mantenere una comunicazione “aperta”, raccogliere feedback costantemente, discutere di quello che i lavoratori sentono e promuovere iniziative concrete. Anche il welfare aziendale, se usato in modo opportuno, può contribuire a favorire il benessere delle persone.

Indubbiamente bisogna fare i conti con il fatto che qualcosa nella mentalità delle persone è cambiato. Gli stipendi, ovviamente, continuano a contare, ma è importante sapere di far parte di un’azienda che cerca modi di lavorare alternativi e che capisce anche quali sono le aspettative delle persone e come venire loro incontro. Il tutto, senza soluzioni preconfezionate, ma coltivando davvero dialogo e ascolto.

Nel 2024, una forte cultura aziendale non dovrà solo rendere divertente l’ambiente di lavoro e bello da vivere, ma garantire che le persone si sentano appunto viste e considerate per quello che fanno e aiutate qualora non riescano a farlo.