Blind recruiting: come il CV anonimo migliora il recruiting e riduce i bias cognitivi

Blind recruiting: come il CV anonimo migliora il recruiting e riduce i bias cognitivi

Ognuno di noi, chi più chi meno, ha dei bias, ossia delle distorsioni radicate in sé difficili a eliminare. Ma se lavori come recruiter questo potrebbe essere un problema. Scopri come risolverlo con il blind recruiting.

Si parla spesso, a livello linguistico, dell’utilizzo dell’asterisco, della chiocciola, della schwa come desinenza finale delle parole per ovviare all’uso del plurale maschile italiano. Sembra che questo sistema permetta di raggiungere una maggiore inclusività e di parlare a tutte le persone, senza differenze.

Nel mondo delle risorse umane, un modo per essere il più imparziali possibili, al di sopra delle questioni di genere e delle discriminazioni, è sicuramente il blind recruiting o blind recruitment.
Che altro non è che quella selezione che avviene alla “cieca”, in maniera anonima ossia rimuovendo tutte quelle informazioni personali che possono influire su un processo di recruiting.
Di blind recruiting parleremo in questo articolo, partendo da cos’è, cercando di capire come funziona, come applicarlo e perché andare in questa direzione.

SOMMARIO

Cos’è il blind recruiting

Il blind recruiting è quindi un procedimento che gli HR portano avanti per eliminare informazioni personali dei candidati che potrebbero influenzare la loro decisione di assunzione o, ancor prima, di effettuare un colloquio. Questo perché, quando si è a conoscenza di certi aspetti che esulano dalle esperienze di lavoro e dalle competenze acquisite, si possono mettere in moto dei bias cognitivi, delle distorsioni, che possono influire sulla buona qualità della selezione.

Essere a conoscenza di alcune informazioni, ad esempio l’età di una persona, sembra poter ostacolare la corretta valutazione che, invece, dovrebbe dipendere dalle skills e dalle sue esperienze. Tante aziende portano avanti processi del genere proprio per evitare quanto detto. È il caso di Deloitte, Virgin Money e tante altre che hanno sperimentato assunzioni “alla cieca”. 

Anche perché i bias non sono per forza legati a età, genere, valutazioni soggettive, ma potrebbero avere a che fare con l’esperienza dell’HR che, ricordiamolo, è giustamente un essere umano con le sue emozioni, le sue preoccupazioni, i suoi istinti. 

Sembra strano, eppure può succedere che un recruiter si lasci condizionare da convinzioni ed esperienze di vita personale, compromettendo la selezione. Raramente ciò avviene a livello conscio (anche perché non sarebbe un atteggiamento professionale), i bias infatti non sono l’espressione di una consapevolezza e il più delle volte si presentano a livello inconscio.

Di bias legati alla selezione ce ne sono di diversi tipi: primari e secondari.

I bias primari sono legati all’etnia, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, al genere e alle abilità fisiche.
I secondari hanno a che fare con la religione, con il modo di comunicare, con il reddito, l’educazione, la collocazione geografica, l’apparenza, l’accento o la cadenza, lo stato civile, la famiglia di provenienza e così via. 

Come funziona il blind recruiting

blind recruiting come funziona

Una volta chiarito cos’è questa “assunzione alla cieca”, cerchiamo di capire come funziona.

Sostanzialmente, come avrai intuito, si tratta di nascondere, o meglio eliminare, dal processo di recruitment tutti quegli elementi soggettivi che possano dire qualcosa in più dei candidati che non abbia a che fare direttamente con la ricerca in corso.
Sapere che una persona ha determinate origini dovrebbe influenzare la valutazione di un HR? Ovviamente no, ma per esserne sicuri si può agire in tanti modi e su diversi livelli.

Come nascondere le informazioni personali

In primo luogo, si possono nascondere i nomi, le informazioni personali e le foto dei candidati e, per farlo, è possibile ricorrere ad un sistema di anonimizzazione dei CV (Anonymous Resume/CV) come quello elaborato da Inda.

Grazie infatti all’Intelligenza Artificiale applicata al recruitiment, è possibile rendere anonimo un CV in formato digitale. Questa funzionalità consente di creare in tempo reale una copia del CV inviato dal candidato, ma completamente anonimizzata, da condividere facilmente con i colleghi o esternamente con i propri clienti.
Si mantiene dunque il layout originale – rispettando la modalità di presentazione scelta del candidato – e vengono oscurate le informazioni che possono influenzare inconsciamente chi si occupa di recruiting. 

cv anonimo
Esempio di CV anonimizzato da Inda

Una scelta simile permette anche di risparmiare molto tempo: l’anonimizzazione del CV è resa più efficace rispetto ad interventi “manuali” che necessitano di stampare i CV e coprire le informazioni personali, filtrarle in un foglio di calcolo oppure effettuare dei tagli a livello digitale. Lo stesso discorso vale anche per l’anonimizzazione di una lettera di presentazione.

Ciò, come potrai intuire, riguarda le prime fasi della selezione, ma cosa succede quando si incontra il candidato o candidata?
Esiste una versione più “hard” del blind recruiting che, come in tante trasmissioni televisive, fa sì che l’incontro avvenga al buio, senza che selezionatore e selezionato si possano vedere.

I principali vantaggi di un CV anonimo (e del blind recruiting)

Ecco quali sono i principali vantaggi per cui puntare sui CV anonimi:

  • si va verso la parità di genere: quando non è indicato dentro un CV, l’azienda che si occupa di recruitment non ha pregiudizi legati a questo e ciò la aiuta anche nel mantenere la sua employee value proposition;
  • non si fanno discriminazioni in base all’età: spesso i candidati vengono discriminati per la loro età (troppo giovane o troppo matura). In questo modo sarete sicuri di selezionare qualcuno per quello che sa fare e non per l’anno in cui è nato;
  • processi di selezione trasparenti: la selezione diventa più trasparente anche agli occhi dei candidati che non si sentiranno scartati a priori, ma comprenderanno le dinamiche del processo di selezione e il valore delle competenze;
  • diversificazione dei team e maggior crescita: se si valorizzano le capacità delle persone per quello che sono, i team crescono e possono portare a raggiungere strade e obiettivi inesplorati;
  • produttività: a quanto detto sopra, è collegata la produttività data da team davvero multidisciplinari;
  • cambiamento di mentalità: ne beneficiano i dipendenti, ma anche l’azienda che inizierà un nuovo percorso e un nuovo modo di lavorare. Questo aiuterà a migliorare l’employer branding e il rapporto con i clienti.

Perché le aziende devono affrontare i pregiudizi

blind recruiting

Ma perché devono essere le aziende ad affrontare i pregiudizi? È presto detto: le imprese hanno un ruolo determinante nell’influenzare o plasmare la cultura, al proprio interno, ma non solo. Possono essere foriere di nuove tendenze ma soprattutto di nuovi approcci e avere così, nel mercato, ma anche fuori, un ruolo molto più definito.
Gandhi diceva “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” e agire così può davvero favorirlo.

Oltre a questi motivi ce ne sono anche di più “concreti”:

  • aumentano i profitti: le aziende che puntano sulla diversity hanno un aumento del 19% sui ricavi;
  • produttività migliorata: team diversi offrono risultati migliori;
  • employer branding e talent attraction: se si sa che un’azienda fa la selezione in questo modo, i talenti migliori sono portati a candidarsi, e questo è un bene in ottica di talent acquisition;
  • creare fiducia in tutto il team: la fiducia è contagiosa e sapere di lavorare in un’azienda che punta sulla diversity coinvolge tutti. 

Come attuare il blind recruiting

Detto questo, basta il CV anonimo? Fino a un certo punto. Quello che conta è, oltre a scegliere uno strumento che aiuti in tal senso come Inda, che si costruisca un terreno fertile.
Vale a dire che non sia solo la tecnologia a farla da padrone, ma che tutti collaborino in tal senso. Bisogna formare il team HR e puntare sulla diversity e l’inclusività in tutta l’azienda. Come?
A partire già dagli annunci di lavoro che devono usare un linguaggio neutro. Bisogna poi continuare con lo standardizzare le domande del colloquio, sempre più basate sulle abilità e il talento anziché sul comportamento.

Inoltre lo stesso team HR dovrebbe includere persone di età differente e genere differente. 

Il futuro del cv? È nell’anonimato

Se pensi che questa non sia una pratica molto diffusa, sappi che in Finlandia è quasi la normalità e che a portarla avanti è addirittura la municipalità di Helsinki.

Anche se può sembrare una realtà non ancora così diffusa, il blind recruiting sicuramente va nella direzione di garantire quella diversity & inclusion su cui le aziende puntano sempre di più e che sarà ancora un trend HR per il 2024.