7 principali HR trend per il 2021

7 principali HR trend per il 2021

Se qualche anno fa qualcuno ci avesse detto che lo smart working avrebbe “salvato” le aziende o che le nostre case sarebbero state attrezzate per essere quasi degli uffici, molto probabilmente non ci avremmo creduto.

Il 2020 è stato un anno diverso dagli altri a causa della pandemia generata dal Covid-19. Ci sono stati tanti cambiamenti nelle nostre vite, nel mondo del lavoro e, di conseguenza, anche in quello delle risorse umane.

Gli HR trend di questo 2021, pertanto, in alcuni casi hanno poco a che fare con quanto si prevedeva lo scorso anno, in altri sono la diretta conseguenza di quanto è accaduto in questo periodo e influenzano il people management. Addirittura, sembrano il risultato di tutti i cambiamenti che le organizzazioni hanno dovuto affrontare, pur non essendo (del tutto) pronte a farlo.
Alla luce di quanto abbiamo appena accennato, gli HR trend 2021 sono diversi e da tenere sicuramente in considerazione. In questo articolo presentiamo 7 trend che secondo noi vale la pena tenere d’occhio.

1. Home working, lavoro ibrido e ufficio come hub di esperienze


Lavorare da casa è ormai diventata una prassi. Se prima era un’opportunità concessa solo da alcune aziende per qualche giorno al mese o alla settimana, adesso per molte imprese (piccole, medie o grandi) è diventata l’unica soluzione possibile. Per il 2021, è probabile che diventerà un vero trend, anche se, speriamo, non più “imposto” dalla pandemia.

Ovviamente ciò potrebbe non valere per tutte le aziende e forse neanche per tutti i Paesi allo stesso modo. In Italia però, è sempre più probabile che le aziende considerino l’eventualità dell’home office e vadano sempre più incontro ai dipendenti che lo richiedono.

Stando infatti al CEO Global Study, indagine che viene lanciata ogni anno da IBM e che quest’anno ha coinvolto 3000 CEO di 50 Paesi e 26 settori, lavoro da remoto e benessere dei dipendenti sono delle priorità di business. Il 66% dei CEO dice di aver potenziato lo smart working e il 54% ritiene fondamentale far star bene le proprie persone.

In questa direzione stanno andando aziende come Twitter, Square e Capital One così come, in Italia, Eni che ha annunciato il lavoro da remoto permanente. Anche optare per una modalità di lavoro ibrido ossia per una maggiore flessibilità, può essere considerato un trend, proprio come ha fatto Microsoft.

Il workplace cambia e chi lavora nelle risorse umane deve sicuramente considerare vari aspetti come la natura del lavoro che viene svolto, la personalità del dipendente ma anche qual è la sua situazione in casa.

Il fatto di non avere una stanza per sé o di non avere gli strumenti giusti (una sedia ergonomica, cuffie per le call, microfoni ecc.) sembrano preoccupazioni banali e invece sono importanti.

Così come lo è il design dell’home office. E lo diventerà sempre più per differenziare, specie nella modalità ibrida, il lavoro che si svolge a casa da quello che si svolge in ufficio.
Quest’ultimo dovrà configurarsi sempre più come un “hub di esperienze” (secondo un’espressione usata da Alessandro Rimassa sul Sole 24Ore), vale a dire come degli spazi in cui la collaborazione non è scontata, né tantomeno deve essere progettata a tavolino, ma far in modo che siano sempre più luoghi che favoriscano gli scambi, la condivisione, la creatività e l’innovazione.

hr trends 2021 home working

2. Smart working sì, ma per davvero

Connesso a quanto detto sopra, lo smart working diventerà un protagonista a tutti gli effetti.

Da marzo 2020, con l’emergenza causata dal Coronavirus, è stato una soluzione per molte imprese ma una volta finito questo periodo non potrà e non dovrà essere dato per “scontato”.

Innanzitutto, non dovrà essere confuso con il lavoro da casa. Lo smart working si svolge a prescindere dal luogo fisico – al bar, come sul treno e così anche a casa – e indipendentemente da orari fissi.

Si lavora per obiettivi che devono essere chiari e misurabili. Chi si occupa di HR dovrà lavorare molto per far sì che le aziende facciano proprio questo concetto e si avvicinino ad un modo di lavorare che sia davvero “smart” (e non solo intelligente).

Valori come trasparenza, fiducia, autonomia delle persone dovranno entrare a pieno titolo nella cultura aziendale e nel modo di concepire il lavoro.

È successo durante la pandemia: in linea di massima, nessuno poteva “controllare” davvero a che ora una persona stesse iniziando a lavorare, a meno che non ci fosse una riunione fissata. In questo senso, un ruolo sempre più importante avranno le tecnologie e soprattutto il modo di utilizzarle. Non come strumenti di controllo, ma come punti di contatto continui per lavorare al meglio.

Insomma, lo smart working non è lavoro da casa né tantomeno remote working e prevede la collaborazione al 100%. E questa può esserci se è davvero condivisa, a tutti i livelli.

3. People management: come cambia la gestione delle persone

Va da sé che con quanto abbiamo detto finora, chi lavora nelle Risorse Umane deve e dovrà ripensare molte delle sue “pratiche”, se non tutte.

Uno degli HR trend del 2021 sarà proprio il people management ossia gestire le persone alla luce del lavoro da casa, smart working, ibrido e così via.

hr trend 2021 people management

Ma non solo: è cambiato anche il processo di ricerca e selezione del personale, ossia il modo di fare recruiting come abbiamo detto nell’articolo dedicato ai recruiting trend del 2021.

Scegliere un talento, incontrarlo per un colloquio, aiutarne l’inserimento in azienda – la cosiddetta fase dell’onboarding – sono attività che spesso venivano svolte dal vivo mentre adesso bisognerà ripensarle in un mondo sempre più digitale e dove lo stesso candidato potrebbe chiedere, quantomeno per il colloquio conoscitivo, che si svolga online anziché in presenza.

Richiesta sempre più plausibile se abita lontano dalla sede, se è genitore o se sta già lavorando per qualcun altro ed è magari un candidato passivo.

I cambiamenti, come accennavamo, riguardano in particolar modo la gestione delle persone interne e del loro rendimento. La tecnologia sarà sempre più utile non solo per verificare questo aspetto, ma anche per mettere in campo azioni di engagement e far sì che le persone, nelle loro abitazioni, si sentono meno distanti rispetto all’organizzazione centrale.

Bisognerà pertanto progettare – e realizzare – occasioni che permettano di stare insieme nonostante la distanza fisica: happy hour, momenti in cui si condivide cosa si sta facendo, incontri con professionisti esterni e così via sono tutte occasioni che devono esserci anche se si lavora da remoto.

4. Skill mapping: l’importanza di mappare le competenze


In tutto questo giocano un ruolo sempre più cruciale le competenze, sia quelle tecniche sia le competenze trasversali. Parliamo, quindi, del cosiddetto skill mapping, ossia della possibilità di mappare quelle skills che ci sono già all’interno dell’azienda – per cui è importante conoscere bene i dipendenti, indipendentemente dal loro ruolo – e quelle che sono necessarie per progredire in una determinata area di business, per approdare in un certo settore o in un altro paese.

Se pensiamo al lavoro ibrido e anche a distanza, lo skill mapping diventa necessario per:

  • il recruiting: per cercare le persone più giuste per ricoprire un determinato ruolo, ma anche per capire su cosa punta l’azienda e come sta procedendo nel suo business;
  • lo sviluppo dei percorsi di carriera del personale: per far sì che le competenze, anche quelle inesplorate, vengano fuori (ricordiamo sempre l’importanza dell’internal recruitment) e aiutare chi vorrebbe lavorare in determinati team, o ricoprire determinate funzioni, a puntare su alcune skills anziché altre. Questo per quanto riguarda le attività da svolgere e la formazione;
  • upskilling e reskilling: ossia permettere alle persone di aggiornare le proprie competenze o di svilupparne altre imparando qualcosa di nuovo;
  • organizzare al meglio eventi interni, attività di engagement e così via. Ad esempio, scoprire che una persona nello scorso anno ha completato il percorso come insegnante di yoga potrebbe essere uno spunto per organizzare dei corsi interni e dare la possibilità alle persone di fare, grazie all’azienda, qualcosa di completamente diverso rispetto al proprio lavoro. Organizzare un corso di risveglio muscolare al mattino, ad esempio, e far sì che lo tenga uno dei dipendenti, può valorizzare una risorsa interna e fare bene alle proprie persone.

Nello skill mapping, un aiuto può arrivare da un software ATS come In-recruiting che permette di effettuare ricerche mirate su specifiche competenze, anche grazie al completamento del campo relativo alle skills. Oltre a questo, si possono effettuare diverse tipologie di ricerca – anche sulla base di una o più competenze – da salvare in vista di selezioni future.

Con il supporto di tecnologie di intelligenza artificiale come Inda si può valorizzare il proprio database di candidati sfruttando anche la ricerca semantica. In questo modo, è possibile trovare non solo i profili che presentano la specifica competenza ricercata (keyword) ma anche quelli che contengono dei sinonimi.

5. Upskilling, reskilling e nuove competenze digitali

Connessi allo skill mapping, ci sono altri HR trend che dobbiamo tenere in considerazione, ad esempio, l’importanza delle competenze digitali. Se fino a poco tempo fa era sufficiente che le avessero almeno alcune persone del team, con il lavoro da remoto è fondamentale promuovere digital skills in tutto il personale.
Ecco perché bisogna puntare sull’upskilling e il reskilling. E’ importante far sì che le persone possano acquisire nuove competenze nel loro campo di lavoro e aggiornare quelle che hanno già, per lavorare in maniera più efficiente da qualsiasi posto. Lo è anche favorire la formazione, per far acquisire alle persone competenze nuove che, eventualmente, permetteranno loro di svolgere nuove attività in futuro o di potersi riqualificare all’interno dell’organizzazione.

Questo sarà un vantaggio per l’azienda, che non dovrà cercare nuove risorse e competenze esternamente, e anche per il personale, che avrà delle nuove occasioni offerte direttamente dall’azienda. Si sentirà così più ingaggiato e “legato” ad essa, e questo è essenziale anche in ottica di employee retention.

6. Agile HR: puntare più sulle persone che sui processi

È un trend anche per il recruitment, ma non potevamo non inserirlo a pieno titolo anche per l’HR in senso più ampio. La metodologia Agile riguarderà sempre più il mondo delle risorse umane perché più che sui processi si dovrà essere concentrati sulle persone e sulla loro employee experience.

Chi occupa la funziona HR non avrà solo un ruolo di coordinatore, di talent scout e così via, ma sarà sempre più un facilitatore e un agente del cambiamento.

Bisogna dunque trovare soluzioni che tengano in considerazione cosa succede alle persone, che possano lavorare con strumenti che funzionano anziché avere una documentazione imposta, che si collabori sempre più con il cliente coinvolgendolo nel processo, anziché lasciarlo come utente finale che deve dare il placet a quanto si è fatto.

Inoltre bisogna sempre tenere conto che ogni decisione può essere messa in discussione dal cambiamento in atto.

Le organizzazioni per far questo – e gli HR diventano determinanti – devono essere agili, snelle, reattive e non chiuse su posizioni che hanno occupato in passato. Ecco perché bisognerà lavorare molto sulla cultura aziendale se si vuole far sì che l’Agile HR diventi anche il proprio trend.

7. Employee experience sempre più “disegnata”


Concludiamo, sulla scia di quanto abbiamo appena detto, analizzando come cambia l’employee experience ossia l’esperienza di chi è stato appena assunto e deve essere inserito in azienda. Come dicevamo, è completamente diversa rispetto a com’era prima del Covid e avviene senza tutte quelle interazioni spontanee che la caratterizzavano.

Un nuovo assunto veniva guidato dalle risorse umane, da manager e colleghi, viveva quell’esperienza di incontrare persone per caso in azienda, di conoscere qualcuno di nuovo alla macchinetta del caffè o dell’andare a pranzo tutti insieme. Tutto questo adesso non succede o succede in modo “parziale”.

Ecco perché, come HR, dovrai riprogettare tutto il percorso e “misurare” l’esperienza virtuale dei nuovi arrivati. Dovrai capire a che punto è il loro benessere, cosa li turba, dovrai prevedere un coinvolgimento diverso dei colleghi e dei capi e capire se la collaborazione tra le diverse parti c’è davvero o è solo presupposta.

Sono solo alcuni suggerimenti, ma bisogna ricordare che nell’employee experience attuale tutto va progettato e può diventare più semplice con il contributo degli strumenti digitali.

A proposito di risorse e nuovi strumenti, scopri gli obiettivi che abbiamo raggiunto noi di In-recruiting nel 2020.