Employee retention: come e perché valorizzare il personale in azienda

Employee retention: come e perché valorizzare il personale in azienda

Trattenere i dipendenti è diventato sempre più importante per le aziende, in un periodo contrassegnato dalla Great Resignation e dalla ricerca del proprio purpose. Scopriamo come farlo in questo articolo.

Nel lavoro intelligente e scrupoloso dei nostri ottocento operai, nello studio metodico e incessante dei nostri quindici ingegneri, c’è la certezza di progresso che ci anima. La lealtà dei nostri lavoratori è il nostro attivo più alto.

Lo diceva tanti anni fa un uomo e imprenditore del calibro di Adriano Olivetti e questo vale ancora oggi: i dipendenti sono l’”attivopiù alto per le aziende.

E mentre si mettono in campo tutte le strategie di Talent Acquisition, si lavora in ottica di employer branding, quello che non bisogna mai trascurare sono le persone che “si hanno in casa”. Assunte decenni fa o entrate da neanche 12 mesi poco importa, ma che di fatto possiamo considerare come parte fondante della nostra impresa e fare di tutto non solo perché siano soddisfatte, ma anche per “trattenerle”.

Tutto questo nel mondo HR non solo ha un nome, employee retention, ma prevede tutta una serie di azioni che portano le Risorse Umane, oltre a guardare all’esterno, a monitorare continuamente anche l’interno.

SOMMARIO:

Cos’è l’employee retention

Con employee retention, dunque, si intende quel processo attraverso cui un’azienda si garantisce che i propri dipendenti non l’abbandonino per vagliare altre opportunità lavorative o per motivi personali. Il contrario dunque dell’employee retention è il turnover del personale e va da sé che i due aspetti sono intimamente collegati.
Ogni azienda ha un tasso di retention variabile, dato dalla percentuale di dipendenti rimasti al suo interno per un determinato periodo che per esempio può essere un anno. Per capirci meglio: una percentuale potrebbe essere così ricavata: se l’organizzazione ha un organico di 1000 persone e alla fine dell’anno ne sono rimaste 550 (esclusi dunque i nuovi assunti) il tasso di fidelizzazione è del 55% dato da 550/1000 x 100.

Certo, al di là dei numeri bisogna lavorare sui motivi per cui un dipendente può andare via che possono essere i più disparati.
Un dipendente può abbandonare l’azienda per motivi personali come il caso in cui sia sposato e si trovi costretto a seguire il coniuge che si trasferisce per lavoro, specialmente se si prospettano guadagni maggiori.
Qualora l’azienda non disponga di una sede vicina, nella stessa città del trasferimento, o non dia la possibilità di lavorare in smart working almeno metà della settimana, è molto probabile che il dipendente vada via. In una situazione simile, dunque, si può fare poco per trattenerlo.

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Un altro caso può essere dato da un dipendente che ha fatto carriera molto presto e che adesso non vede più nuovi sbocchi e considera tutto il contesto poco sfidante.

Si tratta di una persona che potrebbe diventare un ottimo candidato passivo per altre aziende e che pertanto è necessario coinvolgere lavorando sull’employee engagement, se ovviamente ce ne si accorge in tempo.

Le strategie dell’employee retention

Per evitare questa e altre situazioni, bisogna prestare particolare attenzione ai cosiddetti segnali premonitori come la scarsa produttività e motivazione, le frequenti lamentele nonché le continue richieste, scarsa apertura alla collaborazione, ritrosia nei confronti delle novità – per non parlare di rifiuto totale -, uscite anticipate, continui permessi, ritardi, riferimenti a chi se n’è già andato dall’azienda.

Tutto questo fa capire come sia importante pensare a delle strategie di employee retention. Vediamo quali sono.

Assumi in modo selettivo

Come? Si parla di trattenere i dipendenti e noi parliamo di assunzioni? Non stiamo ovviamente sviando dall’argomento, ma la scelta di chi assumere è basilare per l’employee retention. Si parla infatti anche di employee recruitment strategy ossia un piano d’azione strutturato per identificare in modo efficace ed efficiente talenti, attirare candidati e coinvolgere quelli più adatti. Un piano d’azione può essere strategico per vari motivi, tra questi sicuramente un risparmio dei costi e meno fatica oltre che tempo per trattenere le persone.

Come suggerisce il Wall Street Journal, per ridurre il turnover del personale e scegliere le persone giuste bisogna iniziare con l’intervistare i candidati in maniera attenta, non solo per verificare che abbiano le competenze giuste, ma anche per vedere come e quanto si adattino alla cultura aziendale, ai manager e a chi nell’azienda ci lavora già.

In tutto questo hanno un valore enorme i dati e un contributo durante le interviste per raccoglierli al meglio e fare un matching tra quanto ci è stato detto e l’obiettivo che si vuole raggiungere arriva da un software ATS come Inrecruiting, ma di questo ne parleremo in un paragrafo ad hoc.

Restando ancora nell’ambito dell’importanza di assumere i candidati giusti, pensiamo a Starbucks caratterizzata da un tasso di turnover piuttosto basso. Questo perché parte dai suoi valori che vengono presentati in modo chiaro e trasparente.

Siamo sicuri che se vi dicessimo Starbucks, infatti, oltre al caffè, vi verrebbero in mente valori come il sentirsi parte di una comunità, il poter essere se stessi (nei caffè si può restare con tranquillità, lavorare, chiacchierare, leggere ecc…) così come la libertà anche negli spostamenti (pensate al famoso bicchiere che può essere portato agilmente in giro). Ecco, dai valori si prosegue nella direzione di selezionare e assumere candidati che li sposino già. E questo continua anche una volta che si è “ a bordo”: l’azienda oltre a puntare su benefit e premi, punta sul coinvolgere in riunioni e decisioni importanti ogni membro del team che così ha modo di dire la sua.

Punta sull’offrire un lavoro sfidante

Bisogna poi lavorare per aumentare il commitment ossia tutti quei comportamenti che facciano crescere l’identificazione da parte del lavoratore con l’organizzazione e gli obiettivi. Un modo può essere offrire un progetto diverso o un ruolo differente oppure qualcosa che stimoli una sua abilità che era stata messa da parte. Tutto ciò può servire a ingaggiare nuovamente un dipendente magari un po’ stanco o che ha ottenuto tanto e si sente ora poco stimolato.

Dare un nuovo obiettivo peraltro può fornire un’ulteriore accelerata alla carriera e generare la sensazione – eccitante, come per ogni novità – di apprendere nuove skill e di poter raggiungere nuovi risultati.

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Offri stipendio e benefit adeguati

Sicuramente questa non è una novità, anzi è una delle azioni di retention dei talenti più utilizzate, però va portata avanti in modo corretto. Se un tuo dipendente sta lavorando a progetti particolarmente complessi o che rappresentano in questo momento una buona parte del fatturato, indubbiamente va premiato. Anche se inizialmente non era previsto.

Ma il premio non deve essere per forza o non solo un agognato aumento di stipendio. Ancora una volta il Wall Street Journal consiglia come fare: offrire determinati benefit come l’assicurazione sanitaria, magari estendibile anche a moglie o marito, un piano di previdenza, la macchina aziendale o altro. Così come il lavoro flessibile e la possibilità di fare smart working. Tutte cose che, come sappiamo, fanno molto la differenza per i Millennials, ma che vengono sempre più apprezzate anche da chi è un po’ più adulto.

Altre cose in ottica di work-life balance e che non sono un premio per il singolo individuo, ma per tutti i dipendenti sono l’asilo aziendale, servizi di concierge aziendale (come chi va a ritirare gli abiti in lavanderia o alla posta a pagare le bollette), la palestra in ufficio, corsi di yoga, servizi ad hoc pensati per i figli e tutto quello che contribuisce ad aumentare il grado di soddisfazione dei dipendenti e, a cascata, anche l’employer branding.

Crea un ambiente di lavoro e una cultura aziendale adatta ai tuoi lavoratori

Chi lavora come dipendente è impegnato per otto ore o anche di più al giorno, probabilmente più di quanto stia con la sua famiglia. Ecco perché è importante curare molto gli ambienti di lavoro, puntare sulla confortevolezza, sul lasciare liberi i dipendenti e soprattutto farli sentire a loro agio. Un ufficio deve essere ben aerato (e con la pandemia questo è diventato ancora più necessario), avere una temperatura adeguata e con una giusta scelta degli arredi e dei colori. Non è una questione di estetica, ma di benessere che avrà la sua influenza anche sulla retention.

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Vale anche per la cultura aziendale: far conoscere i propri valori e fare in modo che siano davvero adeguati al proprio settore, coinvolge i dipendenti e li motiva. Come dice John Tabis, fondatore e CEO di The Bouqs Company a Fast Company: si ottiene un risultato simile se la cultura è personale e autentica. E, aggiungiamo, se si capisce come comunicarla al meglio rendendo parte attiva di tutto questo i propri dipendenti.

Offri formazione

La formazione è diventata negli ultimi anni una delle merci di scambio più preziose. Lavorare in un’azienda che non la promuove né internamente né esternamente può essere appunto un boomerang. Ecco perché una strategia di employee retention deve prevedere corsi di formazione per i propri dipendenti sia inerenti al lavoro che fanno, ma anche per dare loro modo di avere nuove competenze e scoprire nuove abilità.

L’aggiornamento e il lifelong learning sono sempre più importanti per coinvolgere i dipendenti. Che poi si possono tradurre in corsi in aula, webinar, ma anche libri, programmi di mentorship e tanto altro ancora.

Ascolta i tuoi dipendenti

Spesso gli HR, così presi dal dovere trovare nuovi talenti, si dimenticano di quanto sia importante ascoltare e tenere in considerazione le esigenze di chi è già in azienda. Eppure questo ruolo è fondamentale, è la parte umana… delle Risorse Umane. Ascoltare può voler dire non solo sentire le loro eventuali lamentele ma anche le loro proposte che magari i manager non hanno accolto. E se poi hai sentito dire che il dipendente sta attraversando un brutto periodo, chiedergli cosa puoi fare per aiutarlo può farlo sentire ancora più accolto.
L’ascolto è fondamentale anche quando ci sono dipendenti che vanno via: scoprire quali sono le cose che li hanno fatti stare male davvero può essere sia un buon modo per salutarsi sia una strada utile da seguire per evitare gli stessi errori.

Fornisci valutazioni trimestrali

Far sapere a un dipendente come stanno andando le cose, fare le cosiddette review, magari trimestralmente, può essere un’ottima occasione per creare un appuntamento fisso e chiarire meglio gli obiettivi e vedere insieme al dipendente come raggiungerli. Conversazioni one-to-one costruttive, quindi, da tutti i punti di vista.

Riconosci i successi dei dipendenti

Il riconoscimento è una delle cose più importanti: non c’è cosa peggiore di lavorare tanto per un progetto e non avere un ringraziamento o, ancor meglio, il premiare il dipendente magari facendolo partecipare attivamente come relatore a un convegno, premiarlo con nuove responsabilità o con nuove occasioni di formazione. Se non si vuole fare tutto questo, anche una bella e-mail può regalare tanta soddisfazione.

Perché nel 2023 dovresti migliorare la tua employee retention

I motivi possono essere diversi e in parte qualcuno lo abbiamo già detto. Il mercato del lavoro è diventato sempre più competitivo e alla luce anche della pandemia a causa del Covid-19 che ha visto paralizzati molti settori così molte imprese, assumere i talenti giusti che non siano solo alla ricerca di un posto, ma vogliano far crescere l’azienda, è sempre più cruciale. Così come cercare di trattenere quelli validi.

Inoltre, se certi settori sono “paralizzati” ce ne sono tanti altri che hanno ottenuto un boom e sono disposti a cercare le persone migliori per cui, al di là del boom o meno, in una situazione diversa da tutte quelle cui eravamo abituati, può essere necessario avvalersi delle menti più brillanti che ci sono in circolazione.

Questi ultimi anni l’hanno evidenziato: chi sa adattarsi più facilmente alle situazioni, chi è disposto a sperimentare nuove abilità e nuove tecnologie è una risorsa preziosa e per questo ambita.

Ecco perché una volta che si trova la risorsa giusta, conviene non lasciarsela più sfuggire. Inoltre, chi lavora bene, inevitabilmente condiziona tutti gli altri dipendenti dell’azienda evidenziando come il recruiting diventi sempre più un aspetto del marketing.

Come un software ATS può aiutare l’employee retention

Anche un software ATS come Inrecruiting può dare un notevole contributo alla sviluppo di strategie per la retention dei dipendenti. In svariati modi: indubbiamente a partire dal momento delle interviste finalizzate alle assunzioni, come dicevamo, raccogliendo le risposte, catalogandole e facendo il matching tra quello che ci si aspetta dai candidati e quello che effettivamente sono. Ma non solo: può contribuire a creare pool di talenti e pipeline di persone sia in cerca di lavoro che passive così come a monitorarne il coinvolgimento per capire come stanno andando le azioni di engagement che stai portando avanti.

Inoltre, grazie a un ATS puoi raccogliere al meglio tutte le informazioni che hai sui dipendenti, su come e cosa stanno lavorando e avere anche sott’occhio quali sono le loro abilità, anche quelle che al momento non stanno sfruttando.

E tutto per trattenere chi vale davvero.