5 recruiting trend del futuro

5 recruiting trend del futuro

Il mondo del lavoro, e di conseguenza quello del recruitment, lo sappiamo, è destinato a cambiare di continuo. Così come cambiano sempre più le professionalità richieste, le competenze che le aziende cercano e il modo in cui i candidati – che hanno un ruolo sempre più centrale – si approcciano alla ricerca di un impiego, allo stesso modo il recruitment, di anno in anno, conosce diverse tendenze.

In questo articolo abbiamo selezionato 5 recruiting trend del futuro, già riconoscibili in quest’anno in corso, il 2019, ma che di sicuro sono destinati a “esplodere” nel prossimo futuro.

Trend che, per chi si occupa di risorse umane, sono sicuramente da conoscere, da esplorare e anche da monitorare. Non solo per la necessità di essere sempre aggiornati, ma anche di saper giocare d’anticipo per offrire alla propria organizzazione quello che sta cercando: i migliori talenti da inserire per posizioni ben specifiche.

La gamification e la realtà virtuale sempre più protagoniste

Il primo degli HR trend per quanto riguarda il 2019, ma sostanzialmente anche il prossimo futuro, è la gamification nel recruiting o per sintetizzarla con una parola chiave: la recruiting gamification.

Forse anche chi mastica poco l’inglese, sa che con gamification si intendono tutte quelle attività ludiche ma con finalità più alte con cui si cerca di capire, per esempio, tramite le dinamiche del gioco, molte cose in più di quelle che possono essere scritte su un semplice curriculum e/o dette in un primo colloquio.

Usare le logiche della gamification insieme alla realtà virtuale (VR, ossia Virtual Reality) nel mondo HR può avere degli scopi ben precisi, in particolare nelle prime fasi di selezione.

Si possono scegliere, infatti, delle attività realizzate ad hoc come sfide in cui bisogna conquistare una determinata meta e utilizzare determinate competenze e conoscenze, o magari collaborare con altri potenziali candidati (nel caso, per esempio di un assesment di gruppo), percorsi a punti, quiz con vari livelli di difficoltà, per valutare l’effettivo coinvolgimento dell’aspirante candidato nei confronti dell’azienda e del ruolo che andrà a ricoprire, le competenze che davvero possiede o che magari ha in nuce e le sue reali aspirazioni.

La gamification nel recruiting diventa e diventerà poi sempre più essenziale anche durante l’onboarding, quando, cioè, il candidato è stato già selezionato e deve essere inserito all’interno del contesto aziendale.

Una fase sempre molto delicata perché il neoassunto dovrebbe, nei primi mesi dal suo inserimento, acquisire le conoscenze relative all’azienda e alla sua cultura, capirne i comportamenti, acquisire determinate competenze e cominciare a capire qual è il suo ruolo e come rapportarsi ai colleghi e ai responsabili delle diverse aree.

Avvalersi della gamification, far vivere determinate esperienze nel virtuale, può aiutare il candidato a calarsi meglio nelle dinamiche reali e allo stesso tempo può servire ai recruiter per capire come reagirà in situazioni di particolare stress.

Nel caso di lavoratori Milliennials (nati, cioè, tra il 1980 e il 2000), inoltre, usare la realtà virtuale nel recruiting e i giochi interattivi può essere un’ottima tecnica per attirarli in quanto si tratta di modalità con cui questa generazione è molto più in confidenza di quanto potrebbe essere chi è nato, per esempio, negli anni ’60 o inizi ‘70.

recruiting trend del futuro

La gamification e la realtà virtuale come trend del mondo delle risorse umane sono poi figlie di una tecnologia sempre più accessibile, anche grazie agli investimenti in tal senso da parte di aziende internazionali come Facebook, Microsoft e altre.

Si prevede possa essere sempre più utilizzata anche per gestire i dipendenti stessi o per attività di formazione.

Recruiting e marketing strategy: se la strategia diventa sempre più importante

C’è la social media marketing strategy, c’è la content strategy, ossia nel primo caso la strategia applicata a fare marketing attraverso i social media, nel secondo puntando sui contenuti e poi c’è la recruiting marketing strategy.

Sì, perché anche il mondo della selezione del personale ha bisogno di applicare le conoscenze e le strategie del marketing per far sì che l’azienda venga cercata e sia la risposta alle domande da parte di una certa tipologia di candidati quando fanno una ricerca ben precisa su Google.

Il recruiting marketing è dunque destinato a diventare sempre più parte integrante del processo di selezione e non solo nelle prime fasi.

In che modo? A partire dal migliorare la career page sul sito Internet aziendale scrivendo (o facendo scrivere) un testo che non solo sia esplicativo di cosa fa la società e di che tipo di lavoratori sta ricercando, ma che sia scritto anche in ottica SEO, per essere visibile attraverso i motori di ricerca per chi magari vuole un impiego in un determinato settore, ma non sa dell’esistenza della tua azienda.

Con le stesse intenzioni e gli stessi obiettivi, bisogna curare i job posting e i profili aziendali su tutti i social media aperti magari anni fa e mai più aggiornati. O, tutt’al più, sceglierne alcuni su cui puntare e chiudere gli altri.

Inoltre i social media per il recruting svolgono un ruolo fondamentale e sono parte integrante della recruiting marketing strategy, questo non solo in ottica di social recruiting ma proprio per raccontare in modo più immediato cosa fa l’azienda, i successi che ha ottenuto, la sua cultura e i valori su cui poggia.

Allo stesso modo, il marketing nel recruting serve per migliorare la candidate experience a partire dall’inizio di quello che è il candidate journey, ossia il tragitto online e offline che la persona compie prima di arrivare a candidarsi per una posizione e anche successivamente.

Ecco perché bisogna lavorare molto sull’inbound recruiting ossia sull’attrarre i potenziali candidati, senza martellarli troppo con annunci sponsorizzati, ma fare in modo, come dicevamo prima, di esserci quando stanno cercando qualcosa.

Per farlo, sarà sempre più necessario avvalersi di quelle che nel marketing vengono chiamate le buyers personas (che nel recruiting vengono chiamate candidate personas) ossia dei profili tipo, immaginari ma molto corrispondenti alla realtà, per mettersi davvero nei panni del candidato. Bisognerà dunque progettare i touchpoint, ossia i punti di contatto tra lui e la tua azienda, aiutarlo a trovare le informazioni facilmente, invitarlo, con varie call to action a compiere un’azione che sia anche il semplice richiedere informazioni.

È fondamentale lavorare bene su questo aspetto sia offline che online in modo da trasmettere un messaggio coerente e allo stesso tempo pensare all’esperienza che il potenziale candidato fa ogni volta che entra in contatto con la tua azienda e a come renderla “la migliore esperienza possibile”.

In sintesi l’obiettivo del marketing applicato al recruiting e di conseguenza dell’inbound recruiting è attrarre, convertire e ingaggiare i candidati e nel mentre farli sentire unici.

Social recruiting: ecco perché sarà ancora un trend

Il terzo trend l’abbiamo già anticipato poco fa, è sempre più importante anche nel 2019 e lo sarà nei prossimi anni. Parliamo del social recruiting che, come è noto, si tratta di un’attivà di recruitment che utilizza i social media per  assumere i migliori talenti.

Il social media recruiting può prevedere l’utilizzo di tutti i social media – e non solo di LinkedIn, per esempio – a seconda del tipo di candidato che si sta cercando e dei canali che si è valutato siano i più adatti per “incontrarlo”.

Possiamo considerare come parte del social media recruiting anche blog (non quello dell’azienda, in questo caso), così come forum, bacheche e siti di recensioni di aziende come Glassdoor.

Perché sarà sempre più un trend anche nei prossimo anni?

Perché è sicuramente un modo proattivo di fare recruiting, perché nonostante il mondo del lavoro sia in continuo movimento, creare una relazione con le persone, farle sentire parte di qualcosa, informarle su cosa succede dentro l’azienda o dei ruolo che andranno a ricoprire, è una scelta che paga e i cui risultati si percepiscono per molto tempo.

Non solo perché si migliora l’esperienza del candidato, ma anche in ottica di brand reputation. E per tutte le altre infinità possibilità che offre che sono legate anche all’evoluzione costante dei social media.

recruiting trend del futuro

Chi solo 5 anni fa avrebbe potuto pensare di comunicare i valori aziendali tramite una story di 15 secondi su un social media come Instagram?

E a pensarlo, stando ai dati di Infinity Social Media and Broadcasting, è il 94% dei recruiter che usa già o pianifica di usare i social media per il recruitment così come il 70% pensa di intensificare gli investimenti dedicati a questa attività.

Se fai parte di questa categoria di recruiter o semplicemente vorresti saperne di più, può fare al caso tuo la Social Recruiting Masterclass, organizzata da Lacerba insieme a In-recruiting che ti aiuterà a implementare strategie di Inbound e Outbound recruiting, a puntare sul personal branding di un recruiter e delle HR e tanto altro.

HR Analytics: i benefici del data driving recruiting

E a cosa varrebbero i contenuti e le azioni che compiamo online senza i numeri e l’analisi di questi? Forse davvero a poco o a nulla.

Ecco perché il quarto trend che ti segnaliamo è l’HR Analytics legato ai cosiddetti data driven. Il riuscire, cioè, a pianificare tutto il processo decisionale così come le azioni di marketing partendo dai dati acquisiti attraverso tecnologie come i software ATS e le piattaforme di recruiting marketing.

Usare i numeri può essere pertanto basilare per avere delle indicazioni su quale parte della tua strategia di attrazione dei talenti sta funzionando meglio, quale non sta funzionando per niente (e allora perché sprecare risorse?) e cosa invece ha dei margini di miglioramento.

I dati sono dunque cruciali purché vengano analizzati, vagliati e usati in ottica strategica.

Per fare un esempio, se il time to hire prende molto più tempo di quanto avessimo previsto, ciò comporta sicuramente un maggior costo e può anche inficiare la qualità di un processo di selezione. Allo stesso modo, se vediamo che un candidato per inoltrare il proprio cv sul sito aziendale è costretto a rifare il processo più volte o impiega un’ora, quando in realtà basterebbero giusto 10 minuti, anche questo ci deve indurre a una riflessione su come ottimizzazione la candidate journey.

E di dati, numeri, ne creeremo sempre di più ogni giorno e nei prossimi anni: per questo la raccolta e la loro analisi non può che essere un trend.

L’intelligenza artificiale: se aumenta l’efficienza e non solo

Come quinto trend non poteva sicuramente mancare l’Intelligenza Artificiale, detta anche AI, una funzionalità che migliorerà ancora di più il lavoro del recruiter. L’uso di algoritmi di AI aumenterà sensibilmente di anno in anno, a partire già dal 2019, e questo anche grazie alla diffusione dei colloqui da remoto, tramite strumenti di videoconferenza come Skype, Google Talk, Appear-in.

L’Intelligenza Artificiale, durante situazioni simili, permetterà di andare sempre più lontano. Con dei plugin automatizzati all’interno delle piattaforme di videochiamata, è infatti possibile valutare se il candidato è particolarmente nervoso o capire, dal tono di voce e da come risponde, se sta dicendo il vero o meno.

recruiting trend del futuro

Questo è solo uno dei tanti metodi in cui l’AI può essere applicata al recruiting. Partendo proprio dalle primissime fasi della candidate experience, c’è chi si avvale dell’Intelligenza Artificiale nella fase di talent acquisition perché vede risultati particolarmente significativi e misurabili, come la possibilità di ridurre il time to hire e aumentare la produttività dei recruiter.

Un esempio di questo è JIM (acronimo di Jobs Intelligence Maestro), robot virtuale creato dal team di Talent Acquisition della DBS Bank. Un robot utilizzato per lo screening dei candidati che si candidano per un ruolo particolarmente richiesto, come quello di gestore della pianificazione patrimoniale. Grazie a esso, si è riusciti ad abbassare il tempo di screening a candidato passando dai 32 minuti agli 8, rispondere al 96% delle domande di candidatura pervenute e tanto altro ancora.

C’è poi chi usa l’AI per condurre interviste così come fa Pepsi usando video-messaggi o chiamate automatiche per ridurre i tempi.

Che l’Intelligenza Artificiale sia un trend destinato a crescere, a essere lo strumento attraverso cui si riusciranno a risolvere diverse problematiche e si aumenterà sempre più l’efficienza, è ormai un dato di fatto. Questo non vuol dire che a essa verrà demandato l’intero processo di selezione, ma che, ove possibile e ove previsto, riuscirà a dare un notevole contributo al lavoro del recruiter.

ATS e AI: un aiuto al recruiter del futuro

L’AI è una delle novità 2019 integrate nell’ATS (Applicant Tracking System) di In-Recruiting o acquistabile come soluzione integrabile con altri software. Grazie a un algoritmo intelligente consente di ottimizzare i lavori ripetitivi aiutando ad automatizzare e velocizzare tutto il processo di assunzione partendo dalla fase di scrittura di un annuncio passando per la fase di screening fino ad arrivare ad analizzare i dati storici dei CV dentro il Database.

Come recruiter o HR manager qual è il tuo rapporto con l’Intelligenza Artificiale? La applichi già in azienda o stai pensando di farlo? Rispondi al nostro questionario sull’AI.

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