Candidate Journey: cos’è, le fasi e come fare una mappa cognitiva

Candidate Journey: cos’è, le fasi e come fare una mappa cognitiva

Così come prima di acquistare un qualsiasi prodotto o servizio, si leggono recensioni di chi l’ha già provato, ci si perde nelle sue caratteristiche per sapere ogni dettaglio riguardo al funzionamento o ancora si cerca su vari siti per vedere se ci sono offerte e promozioni, allo stesso modo un candidato, prima di proporsi per un determinato lavoro, si prende del tempo per capire se fa davvero al caso suo. Inizia cioè quella che viene definita la Candidate Journey.

Cosa si intende per Candidate Journey

Traducendo letteralmente dall’inglese, la Candidate Journey non è altro che il percorso del candidato così come il customer journey è il tragitto dell’acquirente verso un acquisto.

Un vero e proprio viaggio fatto di tappe fisse e di (tante) variabili che lo porta, non sempre nell’immediato, a cliccare su un annuncio di lavoro all’interno del sito aziendale, su una job board o su social network come LinkedIn.

Capire come funziona questo viaggio, come si sviluppa quella che è una vera e propria Candidate Experience, permette non solo di rispondere alla classica domanda “Com’è arrivato (come può arrivare) a noi?”, ma di migliorare l’intero processo di selezione e attrarre i candidati migliori.

E questo diventa cruciale in un mercato molto centrato sul candidato e in cui, lo sappiamo, è sempre più difficile, viste le numerose possibilità, convincere chi cerca lavoro a superare il canale delle job application e iniziare quel percorso che lo porterà a fare l’eventuale primo colloquio e tutte quelle che sono le successive fasi del processo di selezione.

Perché è importante la Candidate Journey

A questa domanda si potrebbe rispondere in tanti modi. Innanzitutto c’è da dire che circa il 60% dei candidati, ben più della metà, ha una Candidate Experience negativa e questo è indubbiamente dovuto al fatto che, nel momento in cui, dopo che internamente si è previsto di aprire una posizione, la si “mette fuori” senza fare una riflessione accurata su chi c’è dall’altra parte.

In che modo verrà visualizzata la nostra vacancy? Come il candidato ne verrà a conoscenza? Cosa farà una volta che l’avrà vista? Su quali aspetti del nostro job posting si soffermerà? Quali informazioni cercherà in merito all’azienda? E come le cercherà? Di che reputation gode in questo momento l’azienda?

Sono tutte domande che un recruiter dovrebbe porsi prima di pubblicare un qualsiasi annuncio pensando alla rete di interazioni online e offline che esiste tra i candidati e l’azienda. Facendo caso anche a quello che nel mondo delle vendite, vengono definiti i “touchpoint” ossia i punti di contatto, dove cioè l’azienda o la società di selezione del personale e il candidato si incontrano e in che modo avviene questo incontro.

Tutti momenti in cui l’azienda ha la possibilità di iniziare a costruire una relazione e allo stesso tempo di aumentare, di volta in volta, la fiducia e l’affezione delle persone nei confronti del brand.

Esserne consapevoli però vuol dire essere solo all’inizio dell’opera perché non è detto che ogni interazione, ogni punto di contatto vada come noi pensiamo debba andare.

Spesso può succedere tutto il contrario. In un articolo pubblicato da Forbes nel settembre scorso, si legge che per ogni posizione che viene aperta c’è un potenziale netto di esperienze negative che possono portare a loro volta a recensioni negative e di conseguenza a costruire una corporate reputation altrettanto negativa. Ecco perché mentre si è concentrati a trovare la persona che si sta cercando, a riempire la posizione vacante e a farlo nel giro di breve tempo (pensando così di avere raggiunto il miglior risultato possibile), si deve allo stesso tempo pensare a tutto quello che nel processo di selezione non potrebbe andare, a cosa succede con tutti gli altri possibili candidati e con chi si è candidato ma non era all’altezza delle aspettative.

Molti studi sottolineano la notevole importanza di considerare come unica ogni persona che entra in contatto con la tua azienda, sia che si tratti di un dipendente, di un candidato, di un cliente, e di farlo con tutta l’umanità e l’attenzione possibile. I benefici di questo modus operandi saranno notevoli e ricadranno su tutto l’intero processo di recruiting e allo stesso tempo ridurrai anche i rischi legati a un passaparola negativo, molto molto difficile da controllare.

Quanto pesa una Candidate Experience negativa

Ancora Forbes ci dà delle informazioni importanti sulla Candidate Experience negativa. Il magazine statunitense ha raccolto diversi pareri dai lettori e ne è venuto fuori un quadro interessante e allo stesso tempo piuttosto allarmante.

C’è chi dice di avere trascorso parecchio tempo per personalizzare il cv, scrivere la lettera di presentazione, ma di avere allo stesso tempo impiegato più di un’ora per inoltrare la sua candidatura perché la procedura era troppo lenta o non chiara.

Va da sé che più la procedura è snella e immediata, meno passaggi richiede, più il candidato si sente coinvolto e soddisfatto una volta che l’ha portata a termine. Stressarsi durante le varie fasi può indurlo a cominciare da capo o, cosa peggiore, ad abbandonare tutto.

Una Candidate Experience negativa passa anche dalle fasi successive: c’è chi si lamenta di avere programmato un’intervista telefonica e questa non solo non è avvenuta al giorno e ora fissato, ma quando è stata riprogrammata altre 2 volte, altrettante è saltata in aria. Il candidato aggiunge che non solo non considererà più l’azienda ma che farà anche una recensione negativa su Glassdoor.

Alla luce di tutto questo, ecco perché è fondamentale per un recruiter avere una visione chiara del brand prima di avviare un processo di ricerca e selezione così come è fondamentale sapere che bisogna monitorare i feedback che vengono dati nei vari siti e soprattutto rispondere cercando di motivare il perché di una determinata azione.

Gestire una crisi è sempre meglio che non considerarla affatto: può scoppiare nel momento meno opportuno.

Le 4 fasi della Candidate Journey

Chiariamo subito che,  in ottica Talent Acquisition, un funnel completo in cui il candidato entra in contatto con l’azienda si compone di solito di 6 fasi: Awarness, Consideration, Interest, Application, Selection e Hire. Tutte le sei fasi compongono il processo completo di Talent Acquisition; di questi i primi tre processi (awarness, consideration e interest) sono più propriamente appartenenti a una sottocategoria che ha a che fare col marketing mentre gli ultimi tre (application, selection e hire) sono tipiche fasi del processo di recruiting.

Tuttavia per semplificare tale flusso proponiamo di creare mappa cognitiva basata su 4 fasi che in questo caso chiameremo: attraction, application, interview e post interview.

Sia chiaro: non esistono regole fisse che guidano la creazione di un percorso del candidato. Se cercherete on line troverete molti esempi, probabilmente ognuno basato sull’esperienza personale dell’autore, che propongono itinerari diversi. Il consiglio è quindi quello di partire da una mappa del candidato molto semplice e poi a poco a poco e a seconda delle vostre esperienze personali, aggiungere o ridurre i flussi di interazione azienda-candidato.

candidate journey

Attraction

È la prima anzi primissima fase, fatta a sua volta di diversi punti di contatto. È il momento in cui l’aspirante candidato prende consapevolezza della tua azienda – a meno che non la conosca già -, di cosa fa e di cosa soprattutto vuol dire lavorarci.

È una fase primordiale e può verificarsi nel momento in cui cerca una posizione tramite una job board e arriva a quella della tua azienda o tramite il motore di ricerca arriva alla tua career page. O magari incontra un dipendente e questi gli racconta cosa fa nella vita e per chi, svolgendo il ruolo spontaneo di brand ambassador.

L’aspirante candidato può anche arrivare tramite i social network. Alla consapevolezza segue la considerazione: i candidati “stabiliscono” se sono interessati o no a lavorare nella tua azienda. Utile in questa fase pensare a ulteriori touchpoint, come fiere del lavoro, puntare su incontri dal vivo ecc… Non è detto che il candidato in queste fase decida di fare subito un’application, magari vuole essere ancora più sicuro e continua a cercare altre informazioni.

Lo sappiamo: il processo è tutt’altro che lineare ecco perché è importante tenere alto l’interesse magari invitando i candidati a porre domande sulla posizione che la tua azienda sta cercando, cercando di raccontare meglio il lavoro con un’intervista al manager del team in cui la persona entrerà in contatto o utilizzando job ads indirizzati a uno specifico target con interessi e caratteristiche ben definite.

Application

È la fase della candidatura vera e propria: le verifiche sono state fatte, l’interesse c’è, ora non resta che candidarsi. Questa fase inizia dunque con il lavoratore che compila un form, risponde all’annuncio sul sito, invia un’e-mail, usa LinkedIn easy apply, ecc.. e finisce nel momento in cui o viene respinto o subito dopo il colloquio.

Fondamentale curare la comunicazione: è il momento in cui il candidato ha riposto fiducia nella tua azienda, ha una percezione positiva ma basta poco perché cambi idea. Pertanto, come recruiter bisogna prestare attenzione alle risposte – e darle! – e a come si scrive. È una fase in cui, anche se non accetti quella candidatura, dimostri che la tua azienda è davvero attenta alle persone. Dare dunque un feedback, ringraziare per avere ricevuto la candidatura, dare notizie sul processo di selezione (sarà un colloquio singolo o di gruppo, quanti colloqui sono previsti) è molto importante per la tua Corporate Reputation.

Interview

Una volta effettuato lo screening del CV arriva il momento dell’interview, detta anche intervista o colloquio di lavoro. Che può essere telefonica, video, dal vivo, su Skype. Può essere anche una prima chiacchierata telefonica cui segue un colloquio, magari con un assestment di gruppo, quello che conta è che il recruiter si metta sempre nei panni del candidato.

Spesso si tende a trascurare questa fase. Invece è importante far sì che la Candidate Experience sia positiva. Come? Accogliendo il candidato nel miglior modo possibile, evitando che resti in piedi, dando spiegazioni riguardo eventuali ritardi e illustrandogli l’iter del processo di selezione: se ci saranno altri colloqui dopo questo, quali figure aziendali verranno coinvolte nell’azienda, quante sono le persone che si sono candidate, quanto tempo può passare prima che il recruiter riesca a dare una risposta, positiva o negativa che sia.

Post interview

Gestire al meglio l’interview aiuta poi nella post interview, ossia la fase che segue il colloquio vero e proprio, l’ultima della Candidate Journey, che può concludersi o con il fissare un altro incontro, oppure con l’assunzione o l’esclusione del candidato dal processo di selezione.

Una fase molto delicata in cui il candidato non può fare altro che attendere, pertanto la cosa migliore è mantenere con lui un dialogo facendo percepire un atteggiamento positivo e professionale dell’azienda. Inviare un’e-mail per ringraziarlo, spiegare i tempi (anche se l’hai detto a voce, repetita iuvant) o puoi inviargli materiale sull’azienda o sulle prossime iniziative. E quando la decisione sarà presa, è fondamentale informare il candidato su come è andata la selezione. Scontato quando viene assunto, cosa totalmente trascurata quando invece c’è un rifiuto.

Se puoi anche fargli sapere qual è il motivo del rifiuto, senza entrare troppo nel dettaglio, sarà un’occasione per il candidato di crescere e per te di accrescere la Brand Reputation.

Infine, la fase di post interview potrebbe contemplare – in caso di assunzione – il processo di onboarding ovvero l’inserimento in azienda del nuovo assunto. Anche questa fase è molto importante perchè offre subito al neo assunto una prima impressione di come l’azienda è organizzata, i suoi valori, la cultura aziendale ecc.

Come creare una mappa cognitiva della Candidate Journey

Creare una mappa cognitiva delle varie fasi di Candidate Journey permette di non perdersi nessuno di questi passaggi, di analizzare ogni touchpoint e così facendo di migliorare l’intero processo di recruiting e valutare punto per punto come il candidato può reagire, che percorso può intraprendere, che direzione può scegliere.

Come farla? Il consiglio è di provare in prima persona come se fossi tu a candidarti, pensando ai vari punti di contatto e verificandoli direttamente. Come puoi vedere nell’esempio qui sotto, che è il risultato di un workshop tenuto da In-recruiting, per ognuna delle 4 fasi è stato creato un range di valore (da -5 a 5) che ogni recruiter può utilizzare per valutare  i vari punti contatto tra la propria azienda e il candidato.

Inserendo in ogni fase della Candidate Journey i punti di contatto che il candidato ha con la propria azienda (nella mappa sono riportati alcuni esempi  per ogni fase) e assegnando a ogni touchpoint un valore è possibile creare una Candidate Journey personalizzata sulla tua esperienza aziendale. In questo modo non solo avrai modo di riflettere su quali sono i possibili touch point, di capire come e se funzionano e di inserirne eventualmente degli altri, ma avrai una visione chiara e immediata di tutto il percorso che il candidato compie quando arriva a candidarsi per la tua azienda fino al momento in cui eventualmente sale a bordo.

Come fare a valutare le fasi e i rispettivi touchpoint? Oltre a sperimentare tu stesso, registrandoti al Career Site, interagendo con le pagine social (leggendo i commenti o eventualmente ponendo domande, facendo sondaggi ecc..) o se utilizzi già un ATS (Applicant Tracking System) come In-recruiting, puoi anche intervistare gli stessi candidati durante il processo di selezione e raccogliere dati preziosi. Avere dunque feedback sul processo di selezione, sulle tempistiche, sulla comunicazione e in definitiva su come il candidato vede l’azienda è una pratica fondamentale per valutare le proprie azioni strategiche in tutto il processo di Recruiting e quindi migliorare l’Employer Branding aziendale.

candidate journey map

Vuoi metterti alla prova? Prova la nostra esercitazione pratica sulla Candidate Journey Map e valuta come sta andando il tuo processo di selezione.

Migliorare la Candidate Experience con un ATS

In tutto questo, un enorme contributo in tutte le fasi della Candidate Journey può venire dall’utilizzo di un software ATS come In-recruiting.

Grazie al software potrai per esempio scrivere al meglio la Job Description in modo che per tutti sia chiaro cosa stai cercando, pre-impostare un messaggio di ringraziamento da inviare a tutte le persone che si sono candidate, velocizzare i tempi di selezione, dare un feedback sull’andamento del processo di recruitment, pianificare al meglio tutte le Job Interview, effettuare una videointervista, migliorare la fase di onboarding e tanto altro ancora.

Questo, insieme alla Candidate Journey Map, ti aiuterà non solo a individuare i migliori talenti per quella determinata posizione, ma a rafforzare la tua Brand Reputation. Un’azienda che è trasparente nel processo di recruiting, che dà attenzione a tutti i candidati è sicuramente un’azienda che gode di una buona reputazione.

Migliorare l’Employer Branding con una Candidate Experience efficace

Una Candidate Experience efficace che porta a una Candidate Journey altrettanto efficace, lo abbiamo in parte detto, è fondamentale in ottica di brand reputation, ma non solo.

Diventa parte preponderante della strategia di employer branding, ossia dell’attrattività dell’azienda come potenziale datore di lavoro.

Per un candidato scegliere un’azienda anziché un’altra non è più frutto solo di stipendi più alti o di una sede di lavoro particolarmente all’avanguardia, ma conta molto l’esperienza che fa prima di entrarci, come si sente durante tutto questo processo.

Pertanto, se possibile, il recruiter deve evitare di trattare il candidato solo come un test, ma per guadagnarsi il suo rispetto, deve quasi impegnarsi con lui.

Le aziende che lavorano molto sull’Employer Branding lo fanno, si giocano tanto sulla buona impressione: portano i candidati a prendere un caffè, scrivono e-mail durante il periodo di attesa, usano i social network in ottica di Social Recruiting ma anche per conversare con loro, farli sentire apprezzate, considerati.

Ma non solo: i recruiter diventano quasi dei marketer della propria azienda. Il momento del primo incontro è infatti un’occasione unica anche per questo: in Intel per esempio si concedono 20 minuti del colloquio a tutte le domande che un candidato vuole porre sull’azienda.

“Vogliamo che gli stessi candidati selezionino chi si occupa delle assunzioni”, dicono e questo dimostra che migliorare ogni fase della Candidate Journey non solo è doveroso per scegliere i talenti migliori, ma per far sì che la gente voglia davvero lavorare in quell’azienda e non solo puntare a ottenere quel lavoro.

Una persona che sceglie di candidarsi per una posizione deve anche scegliere l’azienda in cui lo farà.

Perché le mansioni, nel corso degli anni, possono anche cambiare, può capitare che in periodi di grande pressione si debbano ricoprire due o più ruoli contemporaneamente ma se il lavoratore ha scelto l’azienda, se se n’è in qualche modo innamorato, quello sarà il modo migliore per creare un rapporto duraturo e di conseguenza attrarre altri candidati.

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