Student Ambassador Program: intervista ad Alessandra Zucca sulle nuove frontiere dell’Employer Branding

Student Ambassador Program: intervista ad Alessandra Zucca sulle nuove frontiere dell’Employer Branding

Student Ambassador Program, cosa sono? Lo abbiamo chiesto all’esperta di Risorse Umane e #RecruitingGuru Alessandra Zucca, in una piacevole chiacchierata sui vicoli ciechi di Corporate recruiting ed Employer Branding e delle possibili loro evoluzioni future.

1. Presentati ai lettori del blog di In-recruiting (Recruiting Italia). Chi sei e di cosa ti occupi?
Mi chiamo Alessandra, ho lavorato per diversi anni nel campo della selezione del personale e oggi sono una consulente indipendente nel campo delle Risorse umane. In particolare mi occupo di orientamento e focalizzo la mia attenzione sulla relazione che unisce aziende e università (University Relations) per agevolare l’ingresso dei neolaureati nel mondo del lavoro.
Oggi sono concentrata su alcuni progetti legati proprio al percorso di ingresso dei laureandi nel mondo del lavoro. Tra questi il più recente e quello a cui tengo maggiormente è Aptas – Ambassador Program to Attract Students, uno Student Ambassador Program (o Student Brand Ambassador) dedicato a creare una rete di ambasciatori negli atenei italiani che agiscano attivamente come trait d’union tra le aziende e il mondo universitario.

2. Si parla continuamente di Employer Branding, perchè è così importante?
Employer Branding, per come lo intendo io, è un fantastico strumento che consente ai futuri lavoratori di conoscere l’ambiente e i valori tra cui si troveranno a crescere come persone e professionisti. Si parla tanto di come la scelta delle persone giuste possa essere cruciale per la crescita di un’impresa. Io tendo a vedere l’Employer Branding dal lato del potenziale lavoratore: se trovi il posto che fa davvero per te sarai più soddisfatto e tenderai a voler fare sempre meglio.

Employer Branding è quell’insieme di informazioni importantissime che fanno sì che ci si riesca ad immaginare come parte integrante di un’azienda.

3. Come si evolverà l’Employer Branding nel 2017?
Da qualche tempo le logiche “pubblicitarie” hanno preso il sopravvento nel campo dell’Employer Branding. Si pensa molto a come rendere attraente un posto di lavoro attraverso messaggi accattivanti o spot divertenti, mentre molta meno attenzione viene data alla possibilità di conoscere davvero l’azienda attraverso visite, incontri e momenti di dialogo diretto.
Non so prevedere di preciso quale sarà l’evoluzione, soprattutto ora che i social network hanno assunto un ruolo così importante nel processo di comunicazione con il Social Recruiting, ma posso augurarmi che la reazione positiva del “mercato” – ovvero dei potenziali lavoratori – sia sempre più orientata verso quelle attività che favoriscono il trasferimento di informazioni reali e concrete dal luogo di lavoro al futuro dipendente.

4. Ma non è solo una questione di budget? Solo grandi aziende possono fare Employer Branding?
Proprio qui, secondo me, sta una delle questioni più importanti. Se ci basassimo solo sulla disponibilità di budget, moltissime aziende non dovrebbero nemmeno poter pensare all’Employer Branding. Per come la vedo io Employer Branding non è avere mezzi per potenti per comunicare, ma avere l’intenzione reale di lasciarsi conoscere dai potenziali impiegati. Ecco perché credo moltissimo in tutte quelle azioni che sono basate sulla relazione diretta, sul contatto e sul dialogo tra potenziali lavoratori e aziende che, conoscendosi meglio, possono scegliersi consapevolmente e reciprocamente portare valore.
Molte aziende si sono rese conto di quanto conti il contatto diretto e hanno iniziato a lavorare per massimizzare le occasioni di incontro, ma a mio parere c’è ancora molto da fare in questa direzione.

student brand ambassador

5. I Career day universitari sono ancora utili?

I Career day servono certamente come vetrina per le realtà aziendali che desiderano farsi conoscere negli atenei e per quelle che si vogliono rendere più accessibili. Sono eventi ormai sempre più grandi e ben strutturati e consentono sicuramente ai ragazzi un primo contatto, ma non sono – a mio parere – molto efficaci per dare una idea concreta relativa al mondo del lavoro.
Se fossi una studentessa andrei certamente ad un career day per farmi un’idea di quali aziende sono attive sul mio ateneo o per presentarmi di persona ad un’azienda che già mi interessa. Ma se dovessi cercare un modo per capire meglio una realtà aziendale o orientarmi verso una specifica area professionale cercherei altre strade, perché le informazioni che passano per un career day sono necessariamente generali e poco mirate.
Dal punto di vista aziendale inoltre, i career day sottolineano uno dei più grossi “difetti” che i giovani presentano nel momento in cui si relazionano con le aziende: la poca consapevolezza. Ho partecipato a decine di questi eventi e il numero dei ragazzi che arrivano allo stand preparati e consapevoli è di gran lunga superato da quelli che si presentano tanto per provare, scegliendo le aziende in base al brand senza sapere nemmeno per che tipo di ruolo potrebbero presentarsi.

6. Student Ambassador Program? Cosa sono gli Student Brand Ambassador e perchè sono importanti?
Più che i Brand Ambassador secondo me la vera novità sono gli Student Brand Ambassador, ovvero ragazzi e ragazze che durante il loro percorso di studi scelgono di rappresentare un’azienda all’interno del loro network universitario. Il passaparola è uno strumento veramente efficace e le informazioni trasmesse tra persone che hanno gli stessi interessi sono più attendibili e focalizzate.
Le aziende che scelgono di avere degli ambasciatori tra gli studenti sono avvantaggiate dal fatto che i ragazzi possono raccontare ciò che hanno vissuto nel contatto con il mondo del lavoro e possono a loro volta grandi informazioni e suggerimenti su come migliorare il dialogo tra l’università e l’azienda.
A mio parere gli studenti ambasciatori (Student Brand Ambassador) sono un importante tassello nel quadro globale della comunicazione e possono portare grande beneficio sia sul lato del recruiting dei laureandi e neolaureati, sia sul lato dell’employability per i giovani che scelgono questa esperienza. Gli ambasciatori infatti imparano molto da questa esperienza e arrivano alla fine del loro corso di studi conoscendo già molto delle dinamiche del mondo del lavoro. Un bagaglio di conoscenze veramente prezioso.
Ed è su queste considerazioni che ho lavorato creando Aptas, il primo network di studenti ambasciatori in Italia (Student Ambassador Program).

aptas ambassador program

7. Le aziende parlano davvero il linguaggio dei candidati?
Negli ultimi anni c’è stato un significativo sforzo da parte delle aziende – almeno nel campo del Corporate recruiting – per adeguare il tono della comunicazione alle esigenze dei candidati. Tuttavia, soprattutto parlando di laureandi e neolaureati, non credo che ancora si sia riusciti a modulare del tutto strumenti e messaggi nel modo corretto. Poco tempo fa, una ambasciatrice Aptas mi ha coinvolta in un piccolo focus group organizzato per capire come un’azienda potesse dialogare meglio con i potenziali candidati. È stata una grandissima sorpresa: ho avuto conferma del fatto che molti degli strumenti su cui i recruiter fanno principale affidamento (dai career day alle company presentation, dal mailing mirato ai webinar) non hanno così grande appeal o efficacia come pensiamo e persino l’utilizzo del Social recruiting, che oggi pare imprescindibile, è sì importante ma non così centrale come avevo sempre pensato.
Insomma, i candidati cambiano e crescono molto più velocemente di come pensiamo e solo lavorando a stretto contatto con loro penso si possa avere speranza di parlare lo stesso linguaggio.

8. In che modo l’impatto della tecnologia sta trasformando il settore del Recruiting e dell’Employer Branding?
La tecnologia ha cambiato radicalmente il mondo di fare recruiting e continuerà ad essere uno strumento importantissimo nel lavoro di qualsiasi recruiter. Non solo gli annunci e le bacheche online consentono di raggiungere moltissimi candidati, ma i software per la gestione delle candidature (gli Applicant Tracking System) sono diventati veri e propri strumenti di dialogo. Attraverso le application i candidati possono dare molte informazioni utili a massimizzare il match tra posizione e profilo; in questo modo si è ridotto moltissimo il tempo per l’individuazione dei candidati interessanti.

9. C’è un libro o una risorsa che consiglieresti ai lettori di Recruiting Italia per il loro aggiornamento professionale?
Oggi la produzione di libri e articoli è rapidissima e gli aggiornamenti di certo non mancano, anche grazie al web. Non mi sento quindi di azzardare un solo titolo legato all’aggiornamento, ma se devo indicare una lettura che penso sia importante per recruiter di ogni età ed esperienza mi affiderei a David Goleman. Attraverso i suoi studi sull’Intelligenza Sociale Goleman ha messo in luce aspetti fondamentali in ogni attività che include la relazione diretta tra persone e quindi – a maggior ragione – per ogni attività legata al campo delle Human Resources e del recruiting.

10. Cosa deve fare un’azienda interessata ad impostare un progetto di Student Ambassador Program?

Se un’azienda volesse iniziare ad utilizzare queste strategie innovative di Corporate recruiting può iscriversi nella sezione aziende del sito Aptas, dopodichè verrà contattata e potrà iniziare a creare un proprio progetto di Student Ambassador Program.

goleman recruiting

#Buon Recruiting!