HR tra evoluzione umana e innovazione tecnologica – Intervista ad Alessandro Donadio

HR tra evoluzione umana e innovazione tecnologica – Intervista ad Alessandro Donadio

Presentati ai lettori del blog di In-recruiting. Chi sei e di che cosa ti occupi?

Sono Alessandro Donadio, HR Innovation Leader at EY e autore di libri come HRevolution e Smarting Up. Da anni mi occupo di organizzazione e persone. Questo vuol dire avere a che fare con tutto quell’arco di processi HR che ruotano intorno all’employee (Journey), ma anche con il ridisegno organizzativo, oggi verso forme sempre più smart/agile, ed infine con l’adoption tecnologica e conseguenti competenze.

In base alla tua esperienza di vita professionale e accademica, quali sfide future si prospettano per chi si occupa oggi di HR?

Credo che ve ne sia una di fondo ed è quella di disegnare forme organizzative che consentano alle persone di garantire loro apporto, di essere riconosciute e valorizzate per questo. Da qui le due leve, agile e tecnologia sono le vie maestre. Per fare questo, le HR devono rifondarsi su competenze che avevano ritenuto più marginali, quasi “tecniche”, ma che ora diventano fondamentali.

Sentiamo parlare spesso di persone people e technology oriented: all’interno di un team HR, come pensi si possa creare un binomio vincente tra questi due profili? In futuro, le HR saranno portate a potenziare una di queste due inclinazioni o cercheranno di svilupparle entrambe?

Come dicevo in precedenza, senza questi due elementi le HR smettono di dare valore. La transizione che vediamo in corso (iniziata ben prima del Covid, ma ora accelerata come non mai) chiede infatti di formare persone che sappiano agire in contesti liquidi, con geometrie tempo-luogo estremamente variabili, e con iterazioni sempre più sofisticate con elementi tecnologici. Con vere e proprie intelligenze basate sulla tecnologia.

Per questo, io ritengo che i team HR debbano importare competenze tech e, nel tempo, creare figure bridge che sappiano collegare i due mondi (quello delle persone e della tecnologia) in modo pieno ed efficace.

Riprendendo il tuo intervento di HR Trend Talks 2020, l’innovazione tecnologica risulta strettamente legata all’evoluzione umana. E’ il frutto della continua ricerca da parte dell’uomo di potenziare le proprie capacità per risolvere problemi e soddisfare bisogni, ma è anche una spinta verso nuovi adattamenti, cambiamenti, evoluzioni. La tecnologia e l’intelligenza artificiale hanno determinato la crescita e l’aumentazione dell’uomo: può prendere decisioni basate sui dati (in enormi quantità), fare scelte strategiche, risolvere problemi più velocemente, sviluppare la propria creatività o dedicarsi ad altre attività più intellettuali. Secondo te, quali sono gli aspetti positivi e negativi di questo nuovo approccio nel mondo del lavoro e HR?

In realtà, non vedo aspetti negativi quanto piuttosto ambiti da presidiare. Come dicevo nel talk, il processo evolutivo uomo-utensile (macchina, digitale, AI) è connaturato nella nostra essenza, e quindi non c’è niente di strano che si sia arrivati fin qui. La scienza, nella sua disposizione originaria (pensate ad un filosofo come Leibniz, che riteneva che la scienza dovesse sollevarci da compiti ingrati e ripetitivi per permetterci di dedicarci ad altri più edificanti come pensare e creare), nasce proprio per portare l’Umano verso la condizione di più piena “libertà” di essere quello che siamo. In questo senso, non si può fermare questo afflato, piuttosto possiamo tematizzare qualche rischio, questo sì.

Quando parliamo di rischi, pensiamo subito a quelli in campo etico: l’uso dei dati quando sono sensibili, l’impatto sul lavoro dell’introduzione di tecnologie che supportano la manualità umana (processo già in corso da quasi cinquant’anni), il rapporto con le nuove intelligenze, da comprendere meglio circa il loro effetto sulle interazioni umane.

Insomma, più che di polarizzazione tra positivo e negativo, si tratta di creare opportunità e presidiare alcune scelte.

A livello di apprendimento la tecnologia permette anche di accedere immediatamente e con diversi strumenti a qualsiasi contenuto, offrendo alternative alle classiche modalità di acquisizione delle conoscenze. Se volessimo fare un esempio, oggi è possibile imparare a suonare uno strumento in modo pratico, con il semplice ausilio di un’applicazione interattiva, e forse ottenere gli stessi risultati estetici di chi si forma con spartiti e pentagramma in pochissimo tempo. In quanto grande amante della musica, credi esista un gap tra questi due approcci? Che effetto avranno gli strumenti e i contenuti sempre disponibili sulla cura della formazione e la creazione e conservazione di un bagaglio di conoscenze? L’aumentazione dell’uomo è destinata a determinare una qualche forma di “impoverimento” cognitivo rispetto al passato?

Su questo tema c’è molto dibattito e, come spesso succede, esistono tesi agli antipodi. Anche in questo caso, non vedo alcun attacco da parte della tecnologia che possa “ridurci” come esseri umani.

Cos’è l’umano? Può servire domandarci questo come premessa. L’umano è evoluzione e adattamento. È ricerca continua, sperimentazione, che ha come base la curiosità. E ancora “ingegneria” strumentale che ci aiuta a superare noi stessi. Infine, anzi, alfa ed omega, è socialità.

Un’app che ci aiuta ad esercitarci a leggere spartiti o eseguire musica sullo strumento, non sostituisce la bellezza poi di incontrarci con gli amici per suonare insieme. Non supera la fatica che la persona fa nel mettere le mani ogni giorno sullo strumento, e la sua motivazione che sta alla base. In questo, vedo pochi rischi e molti vantaggi finché ci ricordiamo, nell’essenza, la nostra natura.

La disponibilità di contenuti in rete, come dicevo anche nel talk, è la nostra neo-corteccia collettiva, la nostra memoria globale. È una risorsa, pur nella confusione quantitativa, a cui non rinuncerei. Anzi. La nostra cognizione sta di certo cambiando, ma non vedo tanto un effetto di compressione dovuta alla tecnologia, piuttosto una necessità di farci “aiutare” da questa, data la montagna di informazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno.

Ancora una volta, il patto uomo-tecnologia mi pare molto proficuo in favore del primo.

Nel mondo del recruiting, i dati statistici ci dicono che alcune funzionalità dell’intelligenza artificiale possono portare vantaggi qualitativi, oltre che quantitativi, ai team HR. L’autocompletamento dei campi, gli strumenti di ricerca, il matching delle candidature e altri sistemi basati su Machine Learning e Natural Language Processing, risolvono alcuni problemi riscontrati dal recruiter. Tra questi, l’intelligenza artificiale ha un impatto determinante sul tempo: sgrava il recruiter da task ripetitivi e gli permette di dedicarsi ad altre attività. “Riappropriandosi del tempo”, cosa dovranno praticare gli HR Manager ai tempi dell’intelligenza artificiale?

Come dicevo poco fa, citando il filosofo Leibniz, la scienza, e la tecnica che ne è la sua realizzazione pratica, nasce per sgravare da compiti ripetitivi e monotoni.

Un HR ha tante cose a cui pensare: quali sono le competenze del futuro? Come si formano? Che tipo di organizzazione disegnare? Come valorizzare il meglio delle persone? Che ruolo avrà la leadership nel futuro di questi nuovi contesti? (Di questi temi parlerò in un testo che uscirà presto per Franco Angeli editore).

Insomma, un HR che guarda con passione e cognizione a quello che fa, ha tanti interrogativi a cui pensare e attività da svolgere: per questo, lasciare ad una “intelligenza” tecnologica incombenze inutili non può che agevolarlo. Soprattutto se quell’intelligenza lo supporta anche nel processo decisionale raccogliendo, organizzando, sistematizzando dati sui quali poi fare delle riflessioni compiute.