Employer Branding: intervista ad Eugenio Amendola

Employer Branding: intervista ad Eugenio Amendola

La nostra intervista di oggi è con uno dei maggiori esperti italiani di Employer Branding e Corporate Recruiting: Eugenio Amendola, #RecruitingGuru per In-recruiting.

1. Presentati ai lettori del blog di In-recruiting (Recruiting Italia). Chi sei e di cosa ti occupi?

Mi occupo, da più di 15 anni, di consulenza e formazione nell’ambito del Corporate Recruiting con una particolare attenzione alle strategie di Employer Branding aiutando le aziende ad individuare la propria Employer Identity, comprendere il posizionamento del proprio Employer Brand e sviluppare azioni mirate allo scopo di migliorare la propria attrattività sul mercato del lavoro.
Ho scritto il primo libro in Italia sull’argomento dal titolo “Corporate Recruiting. Employer Branding e Nuove Tendenze” (2008). Attualmente coordino le attività formative di Employer Branding Academy. Coordino, inoltre, lo sviluppo del Corporate Storytelling Forum prima rassegna in Italia dei nuovi format per raccontare il brand e, in qualità di chairman, l’HR INNOVATION FORUM evento interamente dedicato all’innovazione nel Talent Management.

2. Da tempo si parla di “Guerra dei Talenti”. Credi che questo concetto sia valido ancora oggi? Che differenze ci sono tra l’Italia e l’estero nella guerra per i talenti?
L’espressione “Guerra dei Talenti” fu introdotta nel mondo HR alcuni anni fa da McKinsey a giustificare il fatto che il mercato del lavoro, a livello globale, stava, sempre di più, chiudendosi per evidenti difficoltà da parte delle aziende nel trovare specifiche figure professionali. Talento significa appunto soggetto in possesso di particolari abilità di difficile reperimento sul mercato del lavoro. E’ evidente che se un mercato del lavoro tende a chiudersi aumenta, di conseguenza, la competitività tra le aziende per conquistare risorse umane che per loro natura sono appunto “scarse”.
In passato questa criticità riguardava figure professionali ICT, oggi, ancora di più, tende a riguardare professionalità con competenze digitali.

3. Quali sono per te i principali trend nel settore del recruiting? Quali tendenze si svilupperanno ulteriormente e quali invece saranno ridimensionate nei prossimi anni?
Il quadro sopra delineato e tutt’ora in evoluzione spingerà le aziende a sviluppare, sempre di più, politiche di corporate recruiting integrate con azioni mirate di employer branding. In altre parole le aziende dovranno imparare a migliorare la propria comunicazione prima ancora di fare recruiting. L’attrattività diventa una sorta di anticamera del recruiting vero e proprio.
Vincerà chi avrà notevolmente migliorato il proprio posizionamento sul mercato del lavoro acquisendo, in questo modo, un efficace vantaggio competitivo nei confronti delle realtà concorrenti. In questa direzione giocherà un ruolo strategicamente importante saper comprendere il valore strategico dell’employer branding, conoscere la natura dei nuovi mezzi di comunicazione (con riferimento particolare ai social media) e saperli utilizzare al meglio monitorando, periodicamente, la propria reputazione nel social web.

4. In che modo l’impatto della tecnologia sta trasformando il settore del recruiting?
La tecnologia sta trasformando radicalmente il modo di fare recruiting ed il modo di comunicare con i propri candidati target. Con riferimento particolare all’emergere del social web, sarà necessario, intanto, esserci, con un presidio concreto e poi, conoscere bene le diverse tipologie dei social media da utilizzare. Ma, soprattutto, saperli integrare sia tra di loro e sia con i mezzi di comunicazione più tradizionali. Una comunicazione sempre più integrata costituirà condizione di vantaggio per fare un recruiting efficace e duraturo.

5. Oggi esistono numerose tecnologie per fare recruiting, e spesso quello che manca e l’integrazione tra le divese soluzioni (job board, social recruiting, gamification ecc…). Cosa pensi dell’uso di un software per il recruiting (Applicant Tracking System) per la centralizzazione di tutti i processi per acquisire e organizzare i CV dei candidati senza dipendere da un database esterno?

In questa logica di maggiore integrazione gli Applicant Tracking System (ATS) devono assolutamente aggiornarsi facilitandone lo sviluppo (dell’integrazione) e rendendo il recruiting semplice, intuitivo e più responsive (capace di adattarsi alle nuove forme di comunicazione) di quanto non lo sia attualmente.

Eugenio Amendola Corporate Recruiting
6. Che peso ha la pratica dello storytelling nell’ambito del recruiting?
L’approccio alla “narrazione” o alla “narrabilità” è senza dubbio aspetto essenziale in tutte le attività di comunicazione. In ambito recruiting può trovare un ruolo importante nelle azioni di comunicazione ed employer branding finalizzate a migliorare l’attrattività dell’azienda come ambiente di lavoro. In questo senso serve rimodellare la comunicazione cercando, per quanto possibile, di trasferire messaggi sotto forma di racconto anche con il contributo del proprio pubblico di riferimento (candidato e/o dipendente). La narrazione aiuta a sottolineare connotazioni particolari dell’azienda creando un legame emozionale più efficace e duraturo con la stessa.

7. Chi dovrebbe essere responsabile dello storytelling in azienda, il reparto marketing o quello risorse umane?
Lo storytelling è un aspetto centrale della comunicazione istituzionale e/o di prodotto e per questo motivo affidato alla funzione comunicazione e marketing dell’azienda.
Se però lo storytelling è approccio usato in ambito employer branding sarà necessario che all’interno dell’azienda siano diverse le funzioni coinvolte (comunicazione, marketing relazioni esterne, comunicazione interna, etc) guidate o coordinate dalla funzione HR.
Qui però il dibattito è ancora tutto aperto perché di fatto anche le attività di employer branding sono spesso demandate a chi in azienda si occupa di comunicazione e non sempre questo è positivo se si considera che oggetto della strategia di comunicazione non è l’azienda o il prodotto ma qualcosa di diverso e forse anche di più delicato visto che ha a che fare con l’ambiente di lavoro.

8. Cosa si intende per “boomerang recruiting” e quanto è diffuso oggi in Italia?
In un contesto particolarmente critico come quello attuale dove la competizione per la conquista dei talenti è particolarmente accesa può capitare di perdere persone qualificate.
Alcune aziende, soprattutto negli USA, hanno capito che per fermare questa emorragia è necessario affrontare il problema con un approccio strategico cercando di riprendersi i talenti persi adottando, appunto, una strategia che è stata definita “Boomerang Recruiting”.
Non conosco, al momento, aziende italiane che abbiano adottato questo tipo di strategia ma ritengo sia assolutamente importante, per le nostre aziende, iniziare a considerane il suo sviluppo.

9. Come si sta trasformando il ruolo del recruiter in questi ultimi anni? Quali sono le competenze necessarie per essere un recruiter di successo?
Un recruiter oggi ha un ruolo in azienda assolutamente cruciale. E non solo perché deve saper individuare le migliori persone da assumere ma deve saperlo fare con una maggiore competenza rispetto al passato. Competenze che richiedono una profonda conoscenza dei nuovi mezzi di comunicazione, una maggiore consapevolezza del fatto che non si può fare un buon recruiting senza avere contribuito a condividere e sviluppare un’efficace strategia di employer branding ed una maggiore capacità di dimostrare quanto la sua attività possa produrre benefici per la competitività e la crescita del valore aziendale.

10. Quale libro consiglieresti ai nostri lettori per aggiornarsi professionalmente?
Sono tanti i libri che vorrei consigliare ma ne ho scelto uno che credo possa aiutare le aziende e non solo, a capire meglio la rivoluzione in atto nel social web e l’importanza della propria reputazione sociale. Il libro è di Andrea Barchiesi, massimo esperto in Italia di Ingegneria Reputazionale, è ha come titolo: “la tentazione dell’OBLIO”. Un testo provocatorio perché sottolinea un aspetto centrale della comunicazione social e cioè che non è così semplice eliminare le informazioni presenti sul web. Della propria identità digitale sia essa azienda o persona, rimarrà sempre una traccia indelebile.
Ciascuno di noi dovrà, quindi, impegnarsi non a capire come eliminare le informazioni non piacevoli dal web (operazione appunto di difficile realizzazione) ma a saper presidiare il social web controllando la propria reputazione e avendo cura della propria Identità Digitale.
In una strategia di Employer Branding e di Corporate Recruiting questo aspetto, come già detto prima, è oggi diventato, assolutamente cruciale.

La tentazione delloblio barchiesi