Un Headhunter italiano a Londra: intervista ad Aldo Razzino sulle nuove pratiche di recruitment

Un Headhunter italiano a Londra: intervista ad Aldo Razzino sulle nuove pratiche di recruitment

Quali sono le differenze tra fare l’Headhunter in Italia e a Londra? Come si evolverà il recruitment nei prossimi anni? E’ ancora possibile innovare nel campo dell’headhunting in Italia? Abbiamo chiesto tutte queste cose al nostro #RecruitingGuru di oggi: Aldo Razzino.

1. Ti presenteresti ai lettori di Recruiting Italia?

Ciao, sono Aldo Razzino e lavoro come Headhunter a Londra in Open Search Network. Ho 9 anni di esperienza in ambito headhunting. Ho lavorato i primi 3 anni in Michael Page a Milano, nel Dep. Engineering – Team Technology, dove, diciamo, mi sono fatto le ossa. A Febbraio 2010 sono venuto a Londra e ho iniziato a lavorare per K2 Partnering Solutions, gestendo nell’ultimo anno il Team permanent di Londra.

Da quando sono andato a Londra, ho spostato il focus da SAP, che avevo nei primi anni, iniziando a fare ricerca di profili su tecnologie sempre piu’ emergenti. Ad Aprile 2013 ho deciso di fare la mia startup, Open Search Network. Dovendo decidere su che mercato puntare, ho scelto da subito una nicchia in cui avrei potuto trovare dello spazio. Considerando che: 1) il mercato che potevo sviluppare piu’ velocemente era quello italiano 2) le figure professionali di nicchia che “stavano” per diventare hot in Italia (lo erano gia’ in UK ma in Italia ancora non se ne parlava) erano quelle in ambito Digital & Dati; ho focalizzato le ricerche e lo sviluppo della societa’ su tematiche di Digital transformation & Advanced Analytics.

Il primo anno ho lavorato da solo, spesso remotely, sia in UK che in Italia, da clienti o home based. Dal 2014 OSN ha iniziato a crescere e ad oggi siamo una realta’ di 6 headhunters, basati a Londra, con 1 caratteristica principale: siamo la prima societa’ di headhunting specializzata sul mercato italiano, per figure a tempo indeterminato, in ambito Dati (Data Science, Data Engineering, Data Strategy).

2. Quali sono le differenze fondamentali tra fare recruitment a Londra oppure in Italia?
La differenza principale e’ la specializzazione. In Italia lavoravo nel team Technology e, solo perche’ eravamo in fase di start up, mi sono potuto focalizzare su SAP ma l’approccio era e doveva essere “generalista IT”. Da quando sono venuto a Londra, sono sempre stato iper focalizzato prima su una tecnologia (SAP), ora un’ambito (Dati).

L’approccio generalista produceva una bassa redemption lato clienti (pochi tornavano a fare piu’ di 2 placements all’anno). La specializzazione mi ha permesso di aumentare sia il valore (Big4, Multinational, International Banks) che la redemption dei clienti (piu’ clienti ci permettono di seguire 10/15 mandati all’anno).

3. Quali sono per te i principali trend nel settore del recruitment-headhunting?
Secondo me tra 4/5 anni non avremo piu’ un ufficio. Saremo molto di piu’ remotizzati e “on the go”. Gli strumenti di collaborazione e di condivisione presenti sul mercato ad oggi, permettono un rapporto in real time sia con il tuo team che con i tuoi contatti, clienti o candidati.
La funzione dell’ Headhunter resistera’ alla rivoluzione digitale, se si andra’ a specializzare. Linkedin e altri tools renderanno il valore aggiunto dell’approccio generalista pari a 0.

head hunting

4. In che modo l’impatto della tecnologia sta trasformando il settore dell’headhunting?
La tecnologia ci aiuta in ogni step del nostro processo, e se usata in maniera intelligente, ci rende la vita piu’ facile.
Ho iniziato ad usare Linkedin nel 2007. Da allora ho sempre cercato di utilizzare le nuove tecnologie di recruitment  e strumenti di collaboration a disposizione per sviluppare nuove relazioni.
Nel 2011 ho fatto il primo deal tramite Facebook. Quando andai a Londra per K2 Partnering Solutions iniziai anche ad occuparmi della gestione dei canali social in azienda aprendo la pagina Facebook e iniziando a condividere contenuti. Un manager vide uno di questi contenuti e mi contattò per affidarmi una ricerca (che chiusi nel giro di un mese). Questa per me è stata la prova dell’efficacia dei social network anche nel settore dell’headhunting.

I Social (Facebook, Twitter, LinkeIn…) permettono di raggiungere quasi tutti i candidati, se usati con competenza. Se si pensa pero’ di usare i social solo per aumentare il numero contatti, secondo me e’ un approccio miope e destinato a fallire nel medio/lungo periodo. Bisogna usare i social per conoscere meglio i propri contatti (Social recruitment 2.0).

Infine un punto fondamentale, gli Analytics: oggi ma ancor più in futuro sara’ fondamentale riuscire a governare grandi masse di dati per gestire un business che sara’ sempre piu’ veloce.

5. Oggi assistiamo ad un moltiplicarsi di tecnologie per il recruitment, e questo rischia di portare ad una frammentazione tra le diverse piattaforme di recruitment (job board, social recruiting, ecc…). Cosa pensi dell’utilizzo di un recruiting software ATS per centralizzare la ricerca e selezione?
Utilizzo un ATS centralizzato, integrato con il nostro sito web aziendale. Avere un sistema centralizzato, integrato con l’esterno e’ un must per poter far bene e velocemente il nostro lavoro.
L’integrazione con l’esterno deve aiutare a lavorare in maniera trasparente, creare trust e engagement.
Per chi si occupa di headhunting non e’ piu’ importante avere un CV o trovare un profilo, ma conoscerlo per aiutare sia il cliente che il candidato nella scelta dell’opportunity migliore.

6. Quali sono le strategie e tattiche di recruiting che utilizzi con maggior soddisfazione nella tua attività? Sono cambiate negli anni?
All’inizio della mia carriera vendevo, tra le altre cose, anche la “dimensione del mio database”. Ad oggi questo selling point non credo abbia successo, perche’ tutti possono avere un db grande… piu’ grande del tuo.
Essere specializzati permette di ovviare alla mancanza di brand famoso alle proprie spalle.
Avere pronta una lista specializzata di high potential, sempre aggiornata (live), e con un numero massimo di candidati (per ogni nuovo che voglio aggiungere devo eliminarne uno vecchio) ti permettere di rispondere in maniera veloce alle necessita’ del mercato.

7. Ci racconteresti un “caso di successo” nel quale hai utilizzato un approccio innovativo per reperire candidature?

Da gennaio 2016 siamo partner esclusivi per le attivita’ di recruitment su Mathesia, e ci occupiamo della validazione tecnica dei candidate in ambito “data”.
Mathesia e’ una piattaforma di Crowdsourcing di Mathematica as a Service, dove le aziende possono lanciare sfide di ottimizzazione di problemi matematico / statistici (BigData) e la community di esperti gareggia per presentare la soluzione migliore.
Da marzo abbiamo iniziato a fare recruitment tramite Mathesia, creando una nuova funzionalita’ sulla piattaforma: le Call for Talent.
Le Call for Talents sono dei business case che vengono presentati ai candidati precedentemente selezionati da OSN.
Questo approccio offre la possibilita’ sia al cliente che al candidato di condividere un’esperienza concreta dove l’innovazione sta nell’utilizzare una piattaforma di collaboration per fornire una migliore recruitment experience, piu’ vicina alla reale vita lavorativa, piuttosto che una sterile raccolta di informazioni.

8. Spesso si sente dire che la figura del recruiter sta avvicinandosi sempre più a quella di un marketer: il recruitment sta diventando come il marketing?

Sono d’accordo, ma questo vale per tutte le categorie professionali. Viviamo in un mondo open e orientato alla collaborazione, di conseguenza siamo tutti in “prima linea”, Ambassador’ del nostro stesso brand. Non bisogna ovviamente scadere verso il concetto di marketer più basso. Dobbiamo sempre ricordarci che il cliente paga la professionalita’ e la qualita’.

recruitment intervista head hunter

9. Ritieni che la reputazione e l’Employer Branding della tua società di Ricerca e Selezione influisca sulla capacità di attrarre candidati? In che modo la tua società promuove il suo Employer Branding?
Essendo una piccola start up di Londra, in competizione con altre societa’ in EU, l’employer branding e’ fondamentale. Come ho gia’ detto, siamo noi i primi Ambassador del nostro brand. Ad oggi, in un Open World, non e’ piu’ possibile prescindere dal Corporate e dall’ Employer Branding.
Lavorare sull’ Employer branding ti aiuta a sviluppare delle forti e durature relazioni, che ti permettono di sviluppare opportunity nel corso degli anni, grazie alle referenze e al word of the mouth.

10. C’è un libro che consiglieresti ai lettori del blog Recruiting Italia?
Questi 3 libri mi hanno aiutato molto da un punto di vista “inspirational” quando ho fatto la start up e negli ultimi anni.
1) Simon Sinek, Start With Why. Mi ha aiutato a definire il nome della mia società ed inquadrarne la mission. L’autore spiega come le aziende di maggior successo come Apple iniziano a pensare ad un nuovo prodotto partendo dal “perchè”, passando solo dopo al “come” e al “cosa”. Le aziende comuni invece seguono il percorso opposto. Ho deciso di chiamare la mia società “Open Search Network” perchè sono una persona aperta, e credo sia impossibile fare il recruiter senza essere aperto alla condivisione [il PERCHE’]. Come opero? Attraverso Ricerca diretta “Search” [il COME]. Cosa fa la mia società? Mette a disposizione delle aziende che cercano personale il proprio network [il COSA].

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2) CM Carter, Breakthrough. Questo è un libro motivazionale di un coach londinese molto famoso che lavora anche con la famiglia reale. Il nocciolo del libro è: come essere la migliore versione di te stesso, ogni giorno. Mi è stato molto utile in fase di start-up della mia società di headhunting, quando sono dovuto partire da solo. Per esempio: i primi 2 mesi di lavoro mi svegliavo ogni mattina facendomi la barba e indossando vestito e cravatta, anche se lavoravo in home-office. In questi casi motivazione e autodisciplina quasi militare sono fondamentali per non cedere alle prime difficoltà.
2) Hal Elrod, The Miracle Morning. Questo è un libro molto bello che consiglio a chiunque, letto circa un anno fa, è focalizzato nel trovare un modo per costruirsi nuove abitudini. Nel mio caso personale ha funzionato molto bene (sono dimagrito di 15 kg, per non parlare dei risultati economici della società: nell’ultimo Quarter 2015 abbiamo aumentato il fatturato del +147% rispetto allo stesso quarter dell’anno precedente).