Ricerca e selezione del personale: il processo, le tecniche, i software

Ricerca e selezione del personale: il processo, le tecniche, i software

Sei un recruiter e ti sei chiesto come funziona il processo di ricerca e selezione del personale e come portarlo avanti al meglio? In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza, parlando di tecniche, software per accelerare il time to hire, outsourcing e tanto altro.

Che lo si dica all’inglese, “recruiting/recruitment”, o all’italiana, selezione del personale, questa è una delle attività più importanti – anzi cruciali – all’interno di un’azienda, PMI, medie imprese o enterprise che siano. Riuscire a selezionare i collaboratori che siano in linea con le aspettative e sappiano lavorare in team, mettano in campo le loro competenze e siano disposti, allo stesso tempo, a continuare a imparare, è tutt’altro che semplice.
Ecco perché il recruitment, affidato in genere alla funzione Risorse Umane/HR (anche se nelle aziende più piccole può capitare che il reclutamento sia affidato all’ufficio amministrativo o direttamente il titolare) è un’attività molto complessa.

Prevede, infatti, che l’investimento da parte dell’azienda sia sì di natura economica (avviare una serie di azioni per far incontrare domanda e offerta di lavoro), ma anche di natura legale (bisogna capire con che contratto inserire il candidato) e di natura psicologica (per valutare il profilo del candidato e come si può rapportare all’azienda). Va da sé che assumere persone che possono andarsene dopo qualche settimana o che non garantiscono performance adeguate rappresenta un grosso spreco non solo economico, ma anche di energie.

Ecco perché il processo di ricerca e selezione del personale prevede diverse fasi, tutte importanti allo stesso modo per assumere la persona .

Il processo di ricerca e selezione: come funziona

Le fasi del processo di recruitment possono essere sostanzialmente ricondotte a 4:

  • attraction – in cui si cerca di attrarre i candidati
  • selection – in cui viene individuato il candidato migliore per l’azienda
  • onboarding – il candidato è stato assunto ma deve essere inserito a pieno in azienda
  • misurazione – si valuta l’andamento del processo di selezione tramite l’analisi delle metriche chiave (KPI), per capire cosa è andato bene e cosa no

La prima fase: l’attraction dei candidati

Hai mai sentito parlare di “legge dell’attrazione”? Dice, più o meno, che qualsiasi evento, positivo o negativo che sia, viene attratto direttamente da noi.
E in un certo senso non è molto diverso in questa primissima e, non per questo meno importante, fase di recruiting. Che, però, a differenza di quanto si crede, è sì all’inizio di un processo di ricerca e selezione, ma di suo è la fase culminante di un altro iter interno all’azienda.
Quando, cioè, una divisione o un settore, a seguito di picchi di lavoro o di persone che lasceranno o hanno lasciato l’azienda per un periodo definito (maternità, aspettativa, licenziamenti ecc..), hanno la necessità di trovare e selezionare nuovi dipendenti o collaboratori. L’esigenza può scaturire anche dal fatto che l’azienda sta ampliando i suoi settori o ha ottenuto un cliente o altro ancora.

La cosiddetta talent acquisition a sua volta consta di vari aspetti: le Risorse Umane comunicano internamente che sono alla ricerca di personale – le segnalazioni di chi lavora già in azienda sono sempre preziose (referral) -, pubblicano annunci su vari portali di annunci di lavoro e/o social media e mettono in atto strategie di employer branding per suscitare una percezione positiva dell’azienda.
In questo modo “spingono” i candidati a mandare il proprio curriculum tramite un’autocandidatura nella sezione ‘lavora con noi’ del sito aziendale (career page). Contemporaneamente, o in alternativa, i selezionatori possono dare vita ad attività di social media recruiting per individuare i profili potenzialmente più adatti.

La seconda fase: la selezione vera e propria dei collaboratori

Ok, sono arrivati i primi (tanti) curriculum. Come selezionare il personale? Adesso comincia una fase piuttosto “densa”: lo screening dei CV, seguito dal contatto telefonico o via e-mail e conseguente colloquio ai candidati. Ma tra la prima e la seconda c’è di mezzo… il mare. Spesso si ha a che fare con curricula che contengono poche informazioni o mandati da chi non è in linea con il profilo, CV così belli che sembrano “gonfiati”, CV poco comprensibili o lunghi più di 3 pagine! Di conseguenza questa fase può richiedere molto tempo, ma può essere velocizzata grazie all’utilizzo di un Recruiting Software ATS (come In-recruiting) in grado di identificare i profili dei candidati più in linea con la posizione ricercata.

Dopo lo screening dei curriculum un altro step importante sono le interviste o colloqui di selezione in cui si capisce chi è la persona che si ha di fronte, quali sono le sue soft skill e se è in linea con la cultura aziendale.

Selezione dei collaboratori

Il primo colloquio, in genere conoscitivo, sarà propedeutico a quello che verrà fatto successivamente con il responsabile dell’area o con il titolare o amministratore delegato, pertanto è importante individuare già durante la prima intervista chi è in linea con il profilo ricercato in modo da diminuire il cosiddetto “time to hire”.

La terza fase: l’onboarding dei nuovi dipendenti

Una volta finita la fase di valutazione, c’è un altro colloquio da organizzare: quello di assunzione in cui si propone al candidato il contratto di lavoro, l’inquadramento, il livello retributivo, eventuali benefit, la procedura per la richiesta di permessi e ferie, l’orario di lavoro ecc… Un colloquio che, di solito, ma non necessariamente, avviene davanti al Responsabile delle Risorse Umane, l’imprenditore o un dirigente quadro e che spesso può concludersi con la cosiddetta “promessa di assunzione” con cui, in attesa di firmare il contratto vero e proprio, l’azienda si impegna ad assumere il candidato. Una sorta di accordo preliminare tra le parti.
Una volta firmato il contratto, invece, si entra in un’altra delicata fase: l’inserimento del lavoratore, momento particolarmente critico specie nelle PMI, spesso poco strutturate o a conduzione familiare.

I primi 6 mesi sono determinanti per la retention dei dipendenti: azienda e dipendente (o collaboratore) si studiano a vicenda dopo essersi piaciuti e cercano di capire se le premesse e promesse iniziali possono essere fondanti per la riuscita del rapporto. Ecco perché è importante avere un piano e prevedere step dopo step eventuali dubbi, ripensamenti ecc… In particolare, bisogna monitorare la situazione se la persona inserita andrà a lavorare in un contesto difficile, con carichi eccessivi di lavoro o con un nuovo cliente.

La quarta fase: le metriche del processo di selezione 

Detto questo, è importante analizzare concretamente il time to hire, capire quante ore sono state impiegate e quanto energie ha richiesto. Pertanto, è fondamentale mapparlo e calcolare il cosiddetto ROI (Return on Investment).
Come fare? In questo caso, aiuta tantissimo l’utilizzo di quello che tecnicamente viene chiamato Applicant Tracking System (ATS) che traccia tutte le fasi, permette di monitorare l’andamento delle selezioni e anche di non “perdersi” quei candidati che sembravano interessanti anche se ne sono stati scelti altri.
Per esempio, con In-recruiting, è possibile sfruttare algoritmi di ricerca avanzata per individuare velocemente candidati in linea con i propri annunci di lavoro. Un fattore tutt’altro che trascurabile perché appunto velocizza il time to hire.

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Outsourcing: affidare esternamente la ricerca di personale

Molte aziende, preferiscono esternalizzare parte o tutto il processo di selezione a società di ricerca & selezione. I vantaggi per l’azienda? Possono essere svariati:

  • Concentrare le risorse sulla gestione del personale anziché sul reclutamento;
  • impiegare meno tempo quando magari il profilo ricercato non è particolarmente alto o è agli inizi (stage, tirocinio ecc..)
  • impiegare le proprie risorse su profili di alto livello

Oltre all’outsourcing, è possibile anche il cosourcing, ossia farsi affiancare per gestire insieme tutto il processo di selezione (infatti si parla di RPO o Recruitment Process Outsourcing).

Ricerca personale: perché affidarsi a un headhunter

Alcune fasi del processo di reclutamento e selezione dei collaboratori, possono essere poi affidate a un headhunter, letteralmente un “cacciatore di teste”, che si occupa per lo più di executive search, ossia di cercare figure professionali di alto livello che rispondano a dei requisiti specifici.
Il processo inizia con una fase di scouting che è una vera e propria “caccia” per trovare non solo candidati più in linea con il profilo, ma soprattutto interessate a cambiare lavoro o azienda.
Cosa che verrà testata mediante un colloquio, dal quale l’head hunter elaborerà una scheda con i punti di forza che il candidato ha per ricoprire la posizione, i tratti distintivi e la motivazione che lo spinge al cambiamento, fondamentale affinché l’azienda gli presenti una proposta all’altezza delle sue aspettative.

In ogni caso, è di fondamentale importanza non esternalizzare completamente il processo di recruiting per vari motivi.

Tra questi, c’è indubbiamente una motivazione economica: le società di ricerca e selezione, così come gli head hunter, hanno un costo considerevole. Di conseguenza, conviene rivolgersi a loro nei casi in cui i recruiter non riescano a trovare candidati in linea con i mezzi che hanno a disposizione in azienda.

L’altro motivo riguarda invece il fatto che solo l’azienda è in grado di trasmettere correttamente i suoi valori e puntare sull’employer branding che, se è forte, è in grado di migliorare notevolmente le metriche di recruitment e ridurre il time to hire.

Piuttosto, meglio considerare un approccio misto in cui i recruiter di un’azienda, sfruttando un Recruiting software ATS, possono centralizzare tutti i loro processi di reclutamento interno e allo stesso tempo chiedere alle società di ricerca e selezione ed head hunting con cui collaborano di veicolare i candidati individuati all’interno del loro database centralizzato di CV, a sua volta creato tramite il loro Software ATS (Applicant Tracking System).
In questo modo si ottiene il meglio da entrambi gli approcci: i processi vengono centralizzati e si limitano i costi della società di ricerca e selezione.

Come scegliere le migliori società di ricerca e selezione

Se magari ti sei chiesto quali sono le migliori società di selezione, la risposta univoca non esiste (faremo un post specifico in futuro), ma possiamo darti qualche consiglio per scegliere al meglio.
Se stai cercando per una posizione specifica, potresti scegliere una società che si occupa di trattare determinati profili e che dunque abbia una conoscenza approfondita in merito del ruolo e del settore. Solitamente consigliamo di diffidare delle società generaliste, a meno che di dover assumente profili molto generici.
Alcune società, per esempio, hanno delle divisioni Medical & Science per l’ambito medico e scientifico o Industrial per l’ambito produzione e logistica.
Chiarisci, poi, chi stai cercando in modo che la società abbia bene in mente il profilo e rivolgiti solo a professionisti.

Le tecniche di ricerca e selezione del personale

Quali sono le tecniche di ricerca e valutazione personale più efficaci? Una volta ricevuti i CV e selezionati quelli più interessanti, in base alla job analysis, è importante definire la modalità di valutazione del candidato:

  • Colloquio individuale: di solito la tecnica più efficace perché permette di capire chi si ha davanti, non solo da quello che dice ma anche dal paraverbale e dal linguaggio del corpo.
  • Prove pratiche: servono per capire meglio e in modo immediato le conoscenze del candidato, anche se ovviamente c’è sempre da considerare la parte emotiva.
  • Test psicometrici: ossia somministrare al candidato dei test per capire la sua personalità.
  • Assessment: molti selezionatori li usano per capire come la persona si rapporta agli altri e come si comporta in situazioni in cui lavorare in team è fondamentale.
recruiter e candidati video colloqui

Come far sì che tutto il processo si svolga al meglio? Ecco alcuni consigli.

Fai attenzione alla job analysis e alla job description

La richiesta di nuovo personale da parte di una divisione dell’azienda è arrivata, ma tu conosci poco il settore o il ruolo da ricoprire che la nuova figura andrà a coprire? O ti è stato già fornita una “bozza” di annuncio di lavoro, ma vuoi capirne di più per redigere la Job description?
Per delineare il profilo ideale puoi fare in questo modo:

  • osserva direttamente il tipo di lavoro, magari partecipando in modo passivo a una riunione del team in cui andrà ad inserirsi la risorse
  • fai domande: chiedi a chi lo fa già in cosa consiste il lavoro, quali sono le sue mansioni, il tipo di impegno richiesto, gli aspetti critici ecc. Puoi anche fare queste domande via e-mail: quel che conta è che comunichi alle persone coinvolte il motivo per cui stai facendo quest’indagine.
  • Cerca di capire cosa non è funzionato o non va nel processo di recruiting dell’azienda, magari analizzando i KPI e le metriche grazie a un software ATS. Procedere in questo modo ti consentirà di prendere decisioni che sono basate su dati certi diminuendo il time to hire, ma anche di spendere meno (cost to hire).

Considera la candidate experience

Detto questo, tieni fortemente in considerazione la candidate experience e quello che viene definito il “candidate journey”, ossia il percorso del candidato da quando entra in azienda fino al momento dell’assunzione. Un percorso che, rispetto al passato, non è più lineare, ma è diventato sempre più lungo e frammentato.

Pertanto, prima di avviare il processo di selezione, identifica il tuo candidato specifico (puoi, per esempio, essere in cerca una figura con un titolo di studio ibrido, ma che abbia un certo tipo di esperienza può essere un plus).

Dopo avere fatto questo e dopo avere analizzato i dati in tuo possesso grazie a un ATS, ipotizza tutti gli step che possono portare un candidato verso la tua azienda. Di conseguenza, monitora tutti i punti in cui questo entrerà in contatto con l’azienda (i cosiddetti touch point) in modo da capire come offrirgli la migliore esperienza possibile. Questo sia durante il processo di autocandidatura tramite la sezione “lavora con noi” che in altri contesti cosiddetti digitali (piattaforme in cui viene pubblicato l’annuncio, social media ecc..), ma anche “fisici”. Presta attenzione in primis a come potrà essere accolto all’interno dell’azienda, pertanto è importante dare le giuste istruzioni a chi si trova al centralino o all’accoglienza. Così come lo è occuparsi anche di creare un ambiente di attesa comodo, con riviste o altro, e di far sentire il candidato a suo agio in tutto e per tutto (offrendogli caffè, acqua ecc…).

Da non trascurare, poi, la scelta del luogo in cui effettuare il colloquio o fare le prove di gruppo. Meglio che il selezionatore  eviti il proprio ufficio e riservi al candidato e al colloquio una stanza che sia abbastanza impersonale, ma con materiale che racconta l’azienda. Se non è possibile per quella giornata, meglio posticipare il colloquio.
La stanza, poi, deve essere silenziosa e possibilmente un posto in cui non si viene interrotti.
Tutto questo perché, indipendentemente dall’esito del colloquio, è importante l’idea che un candidato si fa dell’azienda.
Altrettanto utile avere un software ATS in grado di monitorare gli step del candidato lungo il processo che lo porta all’eventuale assunzione, così da poter poi individuare ed intervenire in eventuali colli di bottiglia.

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Durante il colloquio di lavoro

Il momento del colloquio di lavoro o intervista è un passaggio importantissimo del processo di ricerca e selezione del personale. Ecco alcuni consigli per ottimizzarlo.

Evita di iniziare l’intervista leggendo il CV o altre cose che hai stampato relative al candidato. Questo per evitare di creare subito l’effetto del “mi sento sotto esame”. Meglio iniziare con una chiacchierata su chi è, cosa fa, sul perché è lì e poi andare nel dettaglio.
Altro aspetto importante in un colloquio è cercare di capire quali sono le sue aspettative future: fargli immaginare una situazione dice tanto sulla sua personalità, sulle motivazioni più profonde e su come gestisce gli eventi.
Se ci sono delle domande cui il candidato non ha risposto in maniera adeguata, ritorna pure sui concetti, è molto importante di non restare con zone d’ombra che andrebbero comunque chiarite in un secondo momento.

Qualche consiglio anche sull’atteggiamento personale che il reclutatore dovrebbe mantenere: cercare di non distrarsi mentre il candidato racconta la storia personale e fare qualche domanda che denota interesse, ma porta anche verso la conclusione di un determinato discorso.
Inoltre, anche se la prima impressione è importante, bisogna cercare di non farsi condizionare dall’abbigliamento, dalla prima impressione o ancora dal pregiudizio, in base a quello che si è letto sul CV o sui social.

Il recruiter deve infatti considerare anche i cosiddetti bias (distorsioni cognitive) nel momento in cui viene in contatto con il candidato. Bias che possono riguardare, per esempio, il percepire una correlazione illusoria tra candidato e selezionatore, il fatto di riconoscere l’uno nell’altro aspetti simili o il cosiddetto “effetto alone” per cui si estende l’opinione positiva che si ha di una persona in un determinato campo anche ad altri, ma senza che in effetti ci siano prove concrete di queste. Tutti bias che possono riguardare il processo di recruitment e compromettere il momento del colloquio.

I software di ricerca e selezione: perché sceglierli

Un annuncio pubblicato su uno o più Job board fa sì che all’azienda arrivino, secondo un’indagine Glassdoor, almeno 250 CV, una mole non indifferente. Di questi solo 4-6 avranno le caratteristiche richieste e solo uno potenzialmente riceverà un’offerta di lavoro. Se pensi che in genere per fare lo screening di ogni CV si impiega circa 10-15 minuti, capirai come questa fase richiede davvero troppe energie e troppo spreco di lavoro.

Ecco perché i recruitment software, come per esempio In-recruiting, svolgono un ruolo importante, fondamentale.

Smaltiscono velocemente questa fase, selezionano i candidati e permettono di categorizzarli nel minor tempo possibile grazie ai dati già presenti nel CV – città di residenza, abilità della persona, titolo di studio, esperienza –, di mappare le informazioni e gestirle in base a ogni singolo annuncio di lavoro.

In questo modo si crea un database CV organizzato e utile per la ricerca in questione, anche successivamente.

Altrettanto importante per il software è l’utilizzo di keyword, ossia di parole chiave, in base alle quali si trovano candidati più adatti, senza escludere chi può essere affine, anche senza corrispondere al 100% al profilo richiesto.

Le parole chiave sono importanti anche nella scrittura dell’annuncio sia in ottica SEO, ossia per far sì che venga trovato sui motori di ricerca, ma anche per far sì che chi si candida abbia ben chiara la posizione ricercata. Il recruiting software ATS aiuta anche nella redazione di un annuncio di lavoro che risponda a questi criteri.

E poi last but not least, il software fornisce una risposta a chi ha mandato il CV grazie alle funzioni di messaggistica automatica verso i candidati, importante in ottica sia di employer branding che di candidate experience.

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