Il futuro del recruiting: intervista a Silvia Zanella (Adecco)

Il futuro del recruiting: intervista a Silvia Zanella (Adecco)

Intervista a Silvia Zanella. Il settore del recruiting sta cambiando velocemente in questi anni. Per comprendere questa trasformazione abbiamo deciso di intervistare diversi professionisti che, a vario titolo, si occupano quotidianamente di Ricerca e Selezione. Loro sono i #RecruitingGuru, e hanno deciso di condividere con i lettori del blog di In-recruiting (Recruiting Italia) la loro personale visione e i loro consigli di recruiting.

Il nostro primo ospite è Silvia Zanella, Global Social Media & Online Marketing Director per il gruppo Adecco.

Presentati ai lettori del blog di In-recruiting (Recruiting Italia), chi sei e di cosa ti occupi?
Mi chiamo Silvia Zanella e mi occupo della gestione della strategia social media per Adecco a livello globale. Sono anche responsabile della formazione in ambito digitale e dello sviluppo e condivisione di best practices digital all’interno del gruppo.
Sono particolarmente interessata all’evoluzione del mercato del lavoro e i diversi trend in ambito digital: recruiting marketing, social recruiting, HR 2.0, Employer Branding e smartworking.

Da un recente studio di una nota società di Ricerca e Selezione emerge come il 45% dei recruiter dichiari che fare recruiting oggi è più difficile rispetto agli ultimi 5 anni. Sei d’accordo?
Direi che non è più difficile, ma più complesso. Nel senso che mentre si fa recruiting è necessario prendere in considerazione una molteplicità di fattori in contemporanea, e questo aumenta enormemente il grado di complessità.
In particolare da un lato sono cambiate le esigenze e le aspettative dei candidati; dall’altra si sono evolute le competenze richieste per fare il recruiter.

In che modo sono cambiate le esigenze dei candidati?
L’avvento del digitale ha mutato radicalmente il rapporto tra candidato e azienda, ora i candidati si aspettano meno filtri ed un rapporto molto più diretto con i referenti aziendali.
Inoltre, soprattutto per quanto riguarda la generazione dei millennial, sono cambiati i valori: la nuova generazione si aspetta di gestire in modo differente sia il tempo che gli spazi di lavoro, ma anche i device. Vorrebbero poter lavorare da casa e condividere i propri device personali anche al lavoro.
La sfida che attende gli HR manager nei prossimi anni è significativa, perché dovranno gestire in azienda almeno 2 generazioni, con esigenze e aspettative molto diverse.

social recruiting silvia zanella

Come è cambiato il profilo ideale del recruiter in questi ultimi anni?
Una volta il profilo ideale di un recruiter era quello di uno psicologo del lavoro, con forti competenze soft, come l’ascolto e l’empatia. Oggi invece il profilo di molti recruiter è più vicino al mondo del marketing e della comunicazione, dato che ogni campagna di recruiting richiede di fissare degli obiettivi, impostare una strategia di marketing, delineare un piano operativo e scegliere tra le diverse tattiche di recruiting, spesso mutuate dal marketing digitale.
In questo senso le digital skills saranno sempre più necessarie per governare la complessità a cui accennavo prima. Basti pensare che quando ho iniziato la mia esperienza professionale in Jobpilot (nel 2003) sul Corriere del Lavoro c’erano 50 pagine di annunci di lavoro (2003); 6 anni dopo, in piena crisi (2009), su Monster era possibile trovare 100.000 annunci. Sia i recruiter che le aziende non possono ignorare questi dati, devono adeguarsi.

A livello globale gli investimenti in Social Recruiting stanno aumentando, ma in realtà solo il 18% dei recruiter si considera esperto in social recruiting (Fonte: Social Recruiting Survey). Il livello di competenza è davvero così basso?
In questo momento storico per la maggioranza dei recruiter c’è un gap di competenze in digital marketing, e purtroppo nonostante molte aziende dichiarino di voler andare verso il digitale, spesso dimenticano di formare e accompagnare anche la funzione HR nel “viaggio” verso il digitale.
Il training aziendale interno non è da sottovalutare, e potrà facilmente rappresentare un vantaggio competitivo per chi decide di investire in formazione digitale.
Negli ultimi anni Adecco si è classificata al terzo posto fra le aziende con l’immagine più accattivante per i neolaureati. Come avete raggiunto questo risultato?
Questo risultato ha richiesto un intenso lavoro sull’Employer Branding dell’azienda. La nostra azione si è sviluppata su piani diversi, da quello strettamente operativo (declinando tutte le campagne di marketing in digitale), ma anche lavorando molto sulla cultura interna, partendo innanzitutto dal top management. Il processo ha richiesto molto impegno e diversi anni di lavoro (siamo partiti nel 2010).

Credi che un’azienda dovrebbe lasciare liberi i recruiter di sviluppare il proprio Personal Branding oppure pensi sia meglio fissare delle policy ben definite per l’uso dei social media, così da portare avanti l’Employer Brand aziendale?
L’ideale sarebbe una situazione di equilibro: ricordiamoci che se un recruiter sviluppa la propria reputazione anche l’azienda ne avrà un beneficio riflesso. È vero che esistono dei rischi, nel senso che il recruiter potrebbe attirare l’attenzione di qualche competitors, ma il rischio sarebbe presente in ogni caso. In linea generale non credo che appiattire la comunicazione dei recruiter sia la modalità migliore per gestire questo rischio. Credo che la strada migliore sia fissare delle policy aziendali, ma anche lasciare spazio per la libertà di espressione del singolo recruiter.

In Adecco ricopri la responsabilità del marketing digitale a livello globale: quali sono le differenze tra l’Italia e il resto d’Europa nell’uso degli strumenti digitali?
In realtà in Italia ce la caviamo bene, culturalmente abbiamo un forte senso di condivisione e siamo bravi a comunicare. Inoltre alcune pratiche di recruiting marketing nel nostro paese sono ancora relativamente nuove, e quindi sono molto più efficaci rispetto ad altri paesi più maturi, come gli Stati Uniti.

Quale libro consiglieresti ai lettori di Recruiting Italia per il loro aggiornamento professionale?

Pur essendo convinta che più sono ampie e diversificate le letture e meglio è, non posso fare a meno di consigliare L’alleanza. Gestire il talento nell’era del networking, dal fondatore di LinkedIn. Uno sguardo inedito sul rapporto tra azienda e lavoratori, un’anticipazione del futuro del lavoro.

Libro l'Alleanza Hoffman