Dalle Risorse Umane alle Umane Risorse: Intervista a Osvaldo Danzi

Dalle Risorse Umane alle Umane Risorse: Intervista a Osvaldo Danzi

Le Risorse Umane riusciranno a diventare Umane Risorse, ed entrare in relazione con le persone? Scopriamolo nell’intervista con il nostro #RecruitingGuru Osvaldo Danzi.

Presentati ai lettori del blog di In-recruiting (Recruiting Italia). Chi sei e di cosa ti occupi?

Osvaldo Danzi. Sono Executive Recruiter per la Società di Ricerca e Selezione Carriere Italia. In particolare mi occupo di Social recruiting (e calco l’accento su quel “social”) il che vuol dire che già da diversi anni utilizzo piattaforme web, social network e campagne digitali per la ricerca e selezione di candidati. Mi piace scrivere articoli che riguardano il mondo del lavoro e lo faccio su Wired Italia e su SenzaFiltro un magazine on line che ho fondato l’anno scorso e che contamina giornalisti importanti con manager e imprenditori. Infine sono l’ideatore di FiordiRisorse, un gruppo Linkedin divenuto Associazione e premiato da Linkedin come best practice italiana. Suono la chitarra, ho la passione per il doppiaggio cinematografico, perdo a tennis e ospito due labrador molto affettuosi in un paese di 200 anime in Toscana! Sono la testimonianza vivente che Milano non è indispensabile per fare business.

Quali sono per te i principali trend nel settore del Recruiting e Risorse Umane? Quali tendenze si svilupperanno ulteriormente e quali invece saranno ridimensionate nei prossimi anni?

Il settore del recruiting viaggia di pari passo a quello delle Risorse Umane. Sonnolenti i secondi, si trascinano i primi. L’innovazione è lontana anni luce dal contesto HR. Si dà grande risalto a piattaforme innovative di video presentazioni, video cv, digital recruiting, ma alla fine si scopre che non abbiamo fatto altro che translare procedure obsolete in una scatola più nuova. Il trend delle Risorse Umane va in un’unica direzione: l’oblio di quelle figure HR che non riescono ad adeguarsi ai grandi cambiamenti (nelle soluzioni e nelle architetture – la stragrande maggioranza dei direttori HR usa Linkedin come si usa una vanga per riempire un cono gelato) e un grande ritorno alle Umane Risorse, ovvero: iniziare a PARLARE con le persone, rispondere alle candidature, fare leva sulla propria curiosità. Le Risorse Umane, oggi, non sono curiose. Si bastano a sé stesse e si guardano costantemente l’ombelico. Poi, ogni anno, si celebrano nei Convegni Nazionali.

In che modo l’impatto della tecnologia sta trasformando settore Risorse Umane?

La tecnologia non sta facendo molto. Sta facendo di più la comunicazione social. Il vero aspetto dirompente lo sta facendo l’uso dei social e degli strumenti di comunicazione digitale: video, blog e magazine. Oggi le aziende si conoscono attraverso la reputazione che hanno saputo costruirsi nel tempo, non attraverso le slide degli Amministratori Delegati.

In questo momento si assiste all’esplosione di tecnologie HR per il recruiting, con la conseguente frammentazione e mancanza di integrazione tra le diverse soluzioni (job board, social recruiting, ecc…). Cosa pensi dell’utilizzo di un’Applicant Tracking System per centralizzare il recruiting e acquisire i CV dei candidati (senza dipendere da un database esterno)?

Non credo che sia un problema di tecnica. Un database interno o esterno che sia, se non è gestito e manutenuto, rimane comunque uno strumento inutilizzato. Oggi Linkedin mette a disposizione uno strumento molto potente: un cruscotto che permette di gestire candidature e job posting incrociandoli con analytics e informazioni straordinarie. Ancor più straordinario se pensiamo che quel database è costantemente aggiornato dagli utenti e ha mandato in pensione i portali classici tipo Monster e InfoJob. Purtroppo, ancora le aziende usano Linkedin attraverso i profili personali di stagisti o di recruiter interni, dicono “per risparmiare”. Non si rendono conto che domani quel collaboratore porterà con sé un know how irrecuperabile.

Ci racconteresti qualche “caso di successo” nel quale hai utilizzato un approccio innovativo nel recruiting?

Il mio approccio è molto diretto fin dalla fase dell’elaborazione della job description: tendo a inserire nella job dei fattori di discontinuità col passato. Dico non solo come un candidato deve essere, ma anche come NON deve essere. La mia selezione prosegue sul web. Consulto i social, li incrocio fra di loro, verifico se i candidati hanno referenze e da chi, se hanno un blog e che cosa scrivono su quel blog. Poi utilizzo degli inventari di personalità che mi danno una panoramica molto specifica sulle caratteristiche relazionali in rapporto al lavoro. Infine mando una newsletter specifica a seconda del ruolo ricercato a tutti coloro che fanno parte della rete di FiordiRisorse (il mio network) informando che sono alla ricerca di quella figura e chiedendo se sono interessati o se hanno conoscenti che potrebbero esserlo. In questo modo fidelizzo una rete e produco valore. Direi che non ci sono grosse novità nel nostro mondo, ma volendo si possono usare strumenti poco tradizionali.

Chi butteresti giù dalla torre del recruiting? Ovvero: cosa cambieresti di questo settore? Cosa non sopporti?

Nel nostro mestiere mancano le regole. Oggi il recruiter è diventato – come il coach – una di quelle figure che non necessitano di un “pezzo di carta” per esercitare e pertanto il cliente si conquista con la simpatia. Raramente mi è stato chiesto che esperienza avessi o con quali aziende ho lavorato. Non sopporto chi sta sporcando questo mestiere. Su Linkedin ci sono migliaia di candidati che lamentano tutti le stesse cose: mancanza di feedback, sparizioni dopo il primo contatto, scarsa professionalità ai colloqui. Commercialisti, Consulenti del lavoro, Specialisti vari si improvvisano recruiter senza nessun background specifico. Non sopporto le associazioni di categoria dove le persone anziché fare rete e scambiarsi informazioni, fallimenti e buone pratiche, fanno a gara a chi ha il biglietto da visita più lungo o a chi ha invitato più istituzioni.

Ritieni che la figura del recruiter in questi ultimi anni si sia trasformata? Quali credi debbano essere le competenze per essere un recruiter di successo?
La figura del recruiter si è profondamente trasformata, ma il mercato non lo ha capito. Oggi è fondamentale riuscire ad utilizzare strumenti in maniera trasversale ma soprattutto è fondamentale avere una rete di conoscenze dirette. E’ ovvio che il mercato continuerà a restituirci candidature e cv di persone che dovremo intervistare e convalidare, ma il recruiter che ha una sua rete di persone con le quali è entrato in relazione, che ha avuto la possibilità di vedere relazionarsi con altri, discutere, proporre idee, verificarne le modalità di interazione all’interno di un gruppo, farà davvero la differenza, poiché quel recruiter non presenterà più candidati, ma persone.

Da tempo hai deciso di investire sul tuo Personal Branding acquisendo molta visibilità nel web. E’ stata fin da subito una scelta strategica o hai iniziato per provare? Gestisci tutto in autonomia?

Sono un egocentrico moderato non predisposto all’autoreferenzialità. Mi piace scrivere, mi piace parlare in pubblico. Ho un passato di animatore nei villaggi. Non ho fatto altro che tradurre quel metodo che per me è stato un vero e proprio servizio militare (ma ho fatto anche il servizio militare!) all’interno del mondo manageriale. Quando sono arrivati i social mi hanno trovato già pronto, perché io comunicavo già molto con l’esterno ed ero stato abituato dai miei capi a usare “l’ etichetta” di fronte ai clienti che prendevano il sole.

C’è un libro che consiglieresti ai lettori di recruiting Italia per il loro aggiornamento professionale?

“Hanno sempre ragione” di Paolo Sorrentino. Ogni tanto bisogna leggere cose scritte bene e imparare a vivere e a comunicare bene con le persone. I manuali riprendeteli in mano quando tornate in ufficio.

sorrentino hanno tutti ragione

#Buon recruiting!